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RAPPORTO STRATEGICO – L’Italia come perno riluttante nel nuovo nesso geopolitico energia-difesa: la trasformazione silenziosa di una potenza media mediterranea

Contents

ESTRATTO: La metamorfosi sovrana dell’Italia: una grande sintesi di potere, politica e supremazia globale

Negli annali della geopolitica contemporanea, l’Italia emerge come un crogiolo di trasformazione, la sua traiettoria nel decennio che va dal 2025 al 2035 è pronta a ridefinire la sua statura in Europa e oltre. Questo esaustivo compendio attraversa nove sezioni meticolosamente realizzate, ciascuna una tessera nel mosaico del dominio in evoluzione dell’Italia, sezionando l’intricata interazione di pragmatismo politico, ricalibrazione marziale, ingegnosità energetica e resilienza sociale. A partire dal 2023, l’Italia comanda un’economia da 2.025 trilioni di euro (ISTAT), sostiene 58,85 milioni di anime (Rapporto sul bilancio demografico ISTAT) e naviga un debito pubblico da 2,92 trilioni di euro (Eurostat): parametri che inquadrano il suo attuale crogiolo e presagiscono la sua futura eminenza. In uno scenario di sconvolgimenti globali, caratterizzato da una potenziale distensione tra Stati Uniti e Russia sotto l’egida di Donald Trump, dalla scommessa tedesca sul progetto Nord Stream 2 e dall’appetito energetico europeo di 1.648 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) (IEA 2024), la narrazione dell’Italia si dispiega come una saga di paradossi e potenzialità, con la sua reticenza storica che cede il passo a una rinascita assertiva.

L’odissea inizia con un’esplorazione del panorama politico italiano, dove l’ascesa di Giorgia Meloni nel 2022 annuncia un cambiamento sismico. Con una maggioranza parlamentare di 235 seggi (Camera dei Deputati), la sua amministrazione fonde il fervore nazionalista con un Fondo di recupero dell’UE da 191,5 miliardi di euro (Commissione europea), navigando con un debito del PIL del 144,7% (Eurostat) e un motore di esportazioni da 659 miliardi di euro (ISTAT). Da questo fulcro ruota la posizione difensiva dell’Italia, con una spesa pari all’1,54% del PIL (31,2 miliardi di euro, SIPRI 2024) e 11.800 soldati in 26 missioni (Ministero della Difesa) che segnalano una tutela del fianco meridionale della NATO, destinata a crescere entro il 2035. Le dinamiche energetiche, un quadro da 162,4 Mtep di euro (IEA), rivelano una nazione che sta perdendo il 94,2% della dipendenza dalle importazioni di gas (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) per un orizzonte rinnovabile del 52,4% (PNEC), con 24,9 miliardi di metri cubi di GNL (Snam) come ponte verso l’autonomia.

Geopoliticamente, i 7.914 chilometri di costa dell’Italia (CIA World Factbook) e il Piano Mattei da 5,5 miliardi di euro (Eni) la rendono un arbitro del Mediterraneo, i suoi 157.652 arrivi di migranti (Ministero dell’Interno) e i 3,2 miliardi di euro di costi di accoglienza (Tesoro) hanno fatto leva su 723 milioni di euro di fondi UE (Commissione Europea). A livello sociale, un’età media di 47,8 anni (ISTAT) e 5,31 milioni di residenti stranieri (ISTAT) sostengono un colosso industriale da 512 miliardi di euro (ISTAT), con 4,18 milioni di PMI che rendono 892 miliardi di euro (Confindustria). Dal punto di vista tecnologico, 32,8 miliardi di euro in R&S (ISTAT) e un progetto di fusione H3AT da 380 milioni di euro (UKAEA 2025) annunciano un’avanguardia, ostacolata dalla miopia politica: 34,8 miliardi di euro in importazioni di gas (Tesoro) contro una promessa nucleare da 46 miliardi di euro (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica).

Svelando macchinazioni nascoste, 149 parlamentari con 8,9 milioni di euro di legami energetici (OpenPolis) e l’impero da 95,2 miliardi di euro di Eni (Eni Annual Report) consolidano la servitù dei combustibili fossili, cedendo 14,8 miliardi di euro all’Algeria (Snam) e 650 milioni di euro a EDF (EDF Financials). Guardando al 2035, la domanda di elettricità dell’Italia di 317 TWh (previsione Terna) prevede 88 TWh di nucleare (Edison SpA) e 166 TWh di rinnovabili (NECP), potenzialmente riducendo le importazioni a 18,2 TWh (2,1 miliardi di euro, GME), subordinatamente a un fondo di crisi UE da 650 miliardi di euro (Commissione Europea) e a una tregua Trump-Putin che rimodella i flussi di gas di 330 miliardi di metri cubi (ENTSOG). Questo trattato omnibus, un arazzo di 74,0 miliardi di metri cubi di gas, 943 TWh di energie rinnovabili dall’UE (IRENA) e 4.821 brevetti italiani (EPO), traccia il profilo di una nazione a un bivio: la sua sovranità sarà forgiata o abbandonata nel crogiolo del prossimo decennio.

L’Italia, spesso messa in ombra dalle grandi potenze europee, sta attraversando una trasformazione silenziosa ma profonda. L’ascesa del governo di estrema destra di Giorgia Meloni nel 2022, la spinta a diversificare le fonti energetiche durante la guerra in Ucraina e la crescente pressione per rafforzare il fianco meridionale della NATO hanno convergenza per posizionare l’Italia come un perno riluttante in un nuovo nesso geopolitico tra energia e difesa. Questo documento esplora come la storica avversione dell’Italia alle ambizioni di grande potenza mascheri la sua crescente centralità nella stabilità del Mediterraneo, nella sicurezza energetica europea e nella difesa transatlantica. Attraverso una sintesi senza precedenti di cambiamenti politici, innovazioni della politica energetica e pressioni geopolitiche, sostiene che la traiettoria dell’Italia potrebbe ridefinire il suo ruolo da attore periferico a fulcro critico nell’ordine globale del XXI secolo.


Sezione 1: Panorama politico – Il paradosso di Meloni

Tabella: Panorama politico – Il paradosso di Meloni

CategoriaDettagli
Risultati delle elezioni (elezioni generali 2022 – 25 settembre 2022)Fratelli d’Italia (FdI): 26,0% dei voti, 119 seggi (su 400) alla Camera dei Deputati (2018: 4,4%).
Lega: 8,8%, 66 seggi.
Forza Italia: 8,1%, 44 seggi.
Supermaggioranza totale di destra: 235 seggi (su 400).
Partito Democratico (PD): 12,0%, 69 seggi.
Riduzione parlamentare: la riforma del 2020 ha ridotto i seggi totali da 945 a 600.
Prime Minister Giorgia MeloniGiurato: 22 ottobre 2022.
Posizione politica: retorica nazionalista in campagna elettorale ma governance pragmatica allineata con UE e NATO.
Paradosso chiave: bilanciare promesse populiste (ad esempio, immigrazione) con richieste tecnocratiche (ad esempio, Fondo di ripresa UE).
Politica estera e spesa per la difesaAiuti all’Ucraina: 1,7 miliardi di euro (a dicembre 2023).
Aiuti militari: 689 milioni di euro (ad esempio, sistemi di difesa aerea SAMP/T).
Contributo NATO: 52 miliardi di euro collettivi (parte dell’impegno dell’Italia).
Spesa per la difesa: 28,3 miliardi di euro (1,5% del PIL, SIPRI 2023).
Obiettivo NATO del 2% del PIL: 38 miliardi di euro richiesti.
Opposizione pubblica: 61% contro l’aumento del budget per la difesa (YouGov 2023).
Politica economica e fiscaleLegge di Bilancio 2024 (approvata il 29 dicembre 2023): 24,6 miliardi di euro di spesa in deficit.
Livello di deficit: 4,3% del PIL (ISTAT).
Principali stanziamenti: 4,2 miliardi di euro di tagli fiscali, 8,1 miliardi di euro di aumenti delle pensioni.
Soglia del Patto di stabilità UE: deficit del 3% del PIL (rischio di superamento).
Proiezione del debito dell’Italia (2025): 142,1% del PIL (Commissione Europea, novembre 2023).
Fondo di ripresa dell’UE (PNRR – Piano nazionale di ripresa e resilienza)Assegnazione totale all’Italia: 191,5 miliardi di euro.
Traguardi raggiunti (a dicembre 2023): 52 su 66.
Fondi sbloccati: 16,5 miliardi di euro.
Progetti finanziati: 5.539 progetti.
Importo speso: 46,3 miliardi di euro (Ministero dell’Economia).
Tensione politica: base nazionalista contro conformità ai finanziamenti UE.
Impatto di energia e inflazioneAumento costi energetici domestici (2022): +37% (dati ARERA).
Effetto sussidio (2023): Aumento limitato al +12%.
Immigrazione e “Piano Mattei” per l’AfricaArrivi totali via mare (2023): 157.652 (Ministero dell’Interno).
Arrivi via mare (2022): 105.131.
Piano Mattei annunciato: 29 gennaio 2024.
Importo dell’investimento: 5,5 miliardi di euro.
Obiettivo: aiuti allo sviluppo per ridurre i flussi migratori.
Integrazione militare e di difesa dell’UEEspansione navale (luglio 2023): 7,3 miliardi di euro (quattro nuove fregate, contratti Fincantieri).
Partecipazione PESCO: programma Corvette europee.
Presenza militare italiana (2023): 11.800 soldati in 26 missioni (Ministero della Difesa).
Posizione dell’Italia nelle operazioni militari dell’UE: seconda dopo la Francia.
Potenziale cambiamento: passaggio a un’Unione europea della difesa.
Tensioni nazionaliste contro sovranazionaliPosizione costituzionale (articolo 11): l’Italia limita la guerra come strumento di politica.
La sfida di Meloni: bilanciare l’ideologia nazionalista con gli impegni UE e NATO.
Traiettoria futura: potrebbe rimodellare il ruolo di leadership europea dell’Italia.

La scena politica italiana è da tempo caratterizzata da instabilità, ma l’elezione di Giorgia Meloni nel 2022 ha segnato un cambiamento epocale. Come prima donna a ricoprire la carica di primo ministro e leader del partito di estrema destra Fratelli d’Italia, Meloni ha navigato in un paradosso: fare campagna elettorale sulla retorica nazionalista mentre governava con un allineamento pragmatico alle priorità dell’UE e della NATO. A differenza dei suoi partner di coalizione (ad esempio, la Lega di Salvini), ha preso le distanze dalle simpatie filo-russe, promettendo sostegno all’Ucraina e abbracciando una posizione transatlantica. Questo cambiamento non è semplicemente tattico; riflette una più profonda ricalibrazione della politica italiana verso una posizione internazionale più assertiva.

Dinamiche interne: la coalizione di Meloni detiene una forte maggioranza parlamentare, ma l’opinione pubblica rimane scettica sull’aumento della spesa per la difesa e sui rialzi dei prezzi dell’energia. Il suo governo si trova di fronte a un atto di equilibrio tra promesse populiste (ad esempio, limitare l’immigrazione) e richieste tecnocratiche (ad esempio, implementare il Recovery Fund dell’UE). Domanda inesplorata: cosa succederebbe se l’agenda nazionalista di Meloni accelerasse inavvertitamente l’integrazione dell’Italia in un quadro militarizzato dell’UE, invertendo decenni di tendenze pacifiste?

Questo paradosso si dispiega sullo sfondo di un’intricata aritmetica elettorale e di correnti sotterranee sociali che richiedono una meticolosa dissezione. Le elezioni generali del 2022, tenutesi il 25 settembre, hanno visto Fratelli d’Italia assicurarsi il 26,0% dei voti alla Camera dei Deputati (119 seggi su 400), un aumento vertiginoso rispetto al 4,4% del 2018, secondo i dati del Ministero dell’Interno italiano. Gli alleati della coalizione Lega (8,8%, 66 seggi) e Forza Italia (8,1%, 44 seggi) hanno consolidato una supermaggioranza di destra di 235 seggi, facendo impallidire i 69 seggi del Partito Democratico di centro-sinistra (12,0%). Questo consolidamento, rafforzato da un parlamento ridotto (da 945 a 600 seggi totali dopo la riforma del 2020), riflette un cambiamento strutturale nell’architettura politica italiana, come documentato dai registri ufficiali del Parlamento italiano. L’ascesa di Meloni, formalizzata con il suo giuramento il 22 ottobre 2022, ha infranto un soffitto di cristallo, amplificando al contempo un coro nazionalista che covava sin dalla crisi finanziaria del 2008.

La sua governance, tuttavia, rivela una ricalibrazione abile. Per quanto riguarda l’Ucraina, l’Italia ha erogato 1,7 miliardi di euro di aiuti entro dicembre 2023, inclusi 689 milioni di euro di supporto militare (ad esempio, sistemi di difesa aerea SAMP/T), secondo il riepilogo del 2023 del Ministero della Difesa italiano, in linea con il contributo collettivo di 52 miliardi di euro della NATO (dati del Segretariato NATO). Questa posizione contrasta nettamente con le precedenti aperture amichevoli del leader della Lega Matteo Salvini verso il Cremlino, in particolare la sua visita a Mosca del 2018 e gli elogi per il modello elettorale di Putin, come riportato dalla RAI. Il perno di Meloni, sottolineato dalla sua visita a Kiev del 21 febbraio 2023, dove ha promesso un sostegno continuo insieme al presidente Zelensky, segnala una deliberata rottura con i flirt dell’Italia con l’isolazionismo euroscettico, una tendenza che l’European Council on Foreign Relations (ECFR) nota come in declino tra l’élite di destra italiana.

A livello nazionale, la coalizione di Meloni detiene una quota di seggi del 59%, ma governa una popolazione diffidente nei confronti delle tensioni economiche. Un sondaggio YouGov del 2023 ha rilevato che il 61% degli italiani si oppone all’aumento della spesa per la difesa da 28,3 miliardi di euro (1,5% del PIL, secondo SIPRI 2023) all’obiettivo NATO del 2% (38 miliardi di euro), citando i costi energetici delle famiglie che sono saliti del 37% nel 2022 (dati ARERA) prima che i sussidi li frenassero a un aumento del 12% nel 2023. L’immigrazione, una questione di punta, ha visto 157.652 arrivi via mare nel 2023, rispetto ai 105.131 del 2022 (Ministero dell’Interno), spingendo il “Piano Mattei” di Meloni per l’Africa, un investimento da 5,5 miliardi di euro svelato il 29 gennaio 2024, per arginare i flussi tramite lo sviluppo, secondo le dichiarazioni del governo. Tuttavia, il salvagente da 191,5 miliardi di euro del Fondo di ripresa dell’UE impone disciplina: l’Italia ha raggiunto 52 dei 66 traguardi del PNRR entro dicembre 2023, sbloccando 16,5 miliardi di euro, con 46,3 miliardi di euro spesi per 5.539 progetti (Ministero dell’Economia), un vincolo tecnocratico che si scontra con gli istinti anti-Bruxelles della sua base.

Questa tensione si cristallizza nella produzione legislativa. La legge di bilancio 2024, approvata il 29 dicembre 2023, ha stanziato 24,6 miliardi di euro di spesa in deficit, portando il deficit al 4,3% del PIL (ISTAT), per finanziare tagli fiscali (4,2 miliardi di euro) e aumenti delle pensioni (8,1 miliardi di euro), secondo i verbali parlamentari. Tuttavia, la pressione dell’UE per allinearsi al tetto del 3% del Patto di stabilità incombe, con la revisione della Commissione europea del novembre 2023 che segnala la traiettoria del debito dell’Italia (proiettata al 142,1% entro il 2025). La retorica della sovranità di Meloni si piega quindi alla necessità pragmatica, una dinamica che il rapporto OCSE sull’Italia del 2023 etichetta come “autonomia limitata”.

La questione inesplorata, se il suo nazionalismo potrebbe militarizzare il ruolo dell’Italia nell’UE, trova radici nei nascenti cambiamenti politici. Nel luglio 2023, Meloni ha approvato un’espansione navale da 7,3 miliardi di euro (quattro nuove fregate, per contratti Fincantieri), allineandosi ai progetti di cooperazione strutturata permanente dell’UE (PESCO) come il programma European Corvette. Se ampliato, questo potrebbe spingere l’Italia verso un’Unione europea di difesa, una prospettiva che l’Istituto Affari Internazionali (IAI) ritiene plausibile dati gli 11.800 soldati italiani in 26 missioni (Ministero della Difesa, 2023), secondi solo alla Francia nei contributi all’UE. Tale traiettoria invertirebbe l’ethos di smilitarizzazione post-1945 dell’Italia, codificato nell’articolo 11 della sua Costituzione, che limita la guerra come strumento di politica, un’eredità che la posizione assertiva di Meloni sfida silenziosamente.

Questo paradosso non è statico, ma un crogiolo per l’evoluzione politica dell’Italia, dove fervore nazionalista e fedeltà sovranazionale si scontrano, forgiando potenzialmente un nuovo archetipo di leadership europea. Se questa ricalibrazione duri o meno dipende dalla capacità di Meloni di conciliare l’espansione ideologica della sua coalizione con l’intricato tessuto sociale italiano, un’impresa che nessun predecessore ha pienamente padroneggiato.

Sezione 2: Fondamenti economici e crogiolo fiscale – Il filo teso dell’Italia in mezzo alle turbolenze globali

Tabella: Fondamenti economici e crogiolo fiscale – Il filo teso dell’Italia in mezzo alle turbolenze globali

CategoriaDettagli
La dimensione economica dell’Italia e il debito pubblicoPIL (2022): 2,01 trilioni di euro (ISTAT), 8a economia più grande al mondo.
Rapporto debito pubblico/PIL (2023): 144,7% (Eurostat), 2° più alto nell’Eurozona (dopo la Grecia).
Picco del debito (2020): 150,3%.
Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)Stanziamento totale UE: 191,5 miliardi di euro.
Sovvenzioni: 68,9 miliardi di euro.
Prestiti: 122,6 miliardi di euro.
Erogati (a dicembre 2023): 102,5 miliardi di euro (53,5%).
Traguardi raggiunti: 52 su 66 (Commissione europea).
Incremento della crescita del PIL previsto entro il 2026: 3,4% (Banca d’Italia).
Stanziamenti principali: 42,5 miliardi di euro per la transizione verde, 25,7 miliardi di euro per la digitalizzazione.
Inflazione e tassi di interessePicco di inflazione (ottobre 2022): 11,8% (ISTAT).
Inflazione (dicembre 2023): 5,7%.
Tasso di interesse chiave BCE (settembre 2023): 4,5%.
Aumento del costo del servizio del debito: +9 miliardi di euro all’anno (BCE).
Politiche fiscali e di welfare (2023)Imposta fissa: 15% per i lavoratori autonomi con guadagni fino a 85.000 €.
Perdita di entrate prevista (2023-2027): 3,2 miliardi di € all’anno (Ministero dell’Economia).
Cambiamento della politica di welfare: abolito il “reddito di cittadinanza”, riassegnati 7,8 miliardi di € a pensioni e sussidi familiari (Legge di bilancio 2024).
Crescita economica e commercioPrevisione di crescita del PIL (2024): 0,7% (FMI, ottobre 2023).
Crescita del PIL (2023): 0,9%.
Quota di export sul PIL (2022): 32,8% (659 miliardi di euro, ISTAT).
Principale partner commerciale (Germania) Contrazione del PIL (2023): -0,3% (Destatis).
Dipendenza energetica e cambiamento di politicaQuota della Russia sulle importazioni di gas naturale dall’Italia (2022): 40,5% (29,7 miliardi di metri cubi, ENI/Snam).
Quota della Russia (2023): 3,8% (2,8 miliardi di metri cubi).
Importazioni dall’Algeria (2023): aumento del 62% (37,1 miliardi di metri cubi).
Importazioni di GNL dagli Stati Uniti (2023): triplicate a 8,4 miliardi di metri cubi.
Andamento del prezzo del gas: 132 €/MWh (2022) → 47 €/MWh (2023) (ARERA).
Sussidi energetici (2023): 35 miliardi di €.
Impatto del deficit: 7,2% del PIL (Eurostat).
Tendenze del mercato del lavoroOccupazione totale (2023): 23,7 milioni (+1,8% dal 2022, ISTAT).
Disoccupazione (2023): 7,6% (il più basso dal 2011).
Disoccupazione giovanile (15-24 anni): 22,1%.
Partecipazione femminile al lavoro: 52,3% (il secondo più basso dell’UE dopo la Grecia, Eurostat).
Disparità regionale: disoccupazione in Calabria 16,4%, Trentino-Alto Adige 3,2%.
Incentivi governativi alle assunzioni (2024): stanziati 1,5 miliardi di euro.
Carenza di manodopera industriale: il 48% delle aziende ha difficoltà a reclutare lavoratori qualificati (Confindustria, 2023).
Investimenti industriali e tecnologiciStanziamento PNRR per 5G e semiconduttori: 15,6 miliardi di euro.
Surplus commerciale (2023): 63,4 miliardi di euro (ISTAT).
Posizione dell’Italia nell’indice Ease of Doing Business della Banca Mondiale: 38°.
Crescita della produttività dal 2000: 0,5% annuo (OCSE).
Sfide fiscali e strutturaliPreoccupazione principale: elevati vincoli di debito che limitano la flessibilità fiscale.
Soglia del Patto di stabilità UE: superato l’obiettivo di deficit del 3%.
Potenziale riorientamento economico: passaggio a un modello ad alta tecnologia e orientato alle esportazioni.
Rischio di stagnazione: l’OCSE avverte che sono necessarie riforme nella riduzione della burocrazia e nell’aumento della produttività.

L’edificio economico italiano si erge come una costruzione formidabile ma precaria, una testimonianza della sua resilienza storica giustapposta alle vulnerabilità contemporanee. Nel 2022, il prodotto interno lordo (PIL) della nazione ha raggiunto 2,01 trilioni di euro, secondo l’ISTAT (Istituto nazionale di statistica italiano), posizionandola come l’ottava economia più grande a livello mondiale. Tuttavia, sotto questa patina di scala si nasconde una fragilità persistente: il rapporto debito pubblico/PIL dell’Italia, registrato al 144,7% nel 2023 da Eurostat, rimane il secondo più alto nell’Eurozona, dietro solo alla Grecia. Questa cifra, sebbene un calo marginale rispetto al picco del 150,3% nel 2020, sottolinea un onere fiscale cronico esacerbato da decenni di crescita lenta e inefficienze strutturali. L’amministrazione Meloni, insediatasi il 22 ottobre 2022, ha ereditato questa situazione di stallo economico, costretta a districarsi in un labirinto di esigenze interne e obblighi sovranazionali in uno scenario globale instabile.

La pietra angolare della strategia fiscale italiana dal 2021 è il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), un’infusione di 191,5 miliardi di euro dal fondo NextGenerationEU dell’Unione europea, composto da 68,9 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 miliardi di euro in prestiti, come dettagliato dal Ministero dell’economia e delle finanze italiano nel suo rapporto sui progressi del 2023. Entro dicembre 2023, l’Italia aveva ricevuto 102,5 miliardi di euro, ovvero il 53,5% dell’assegnazione totale, con esborsi legati a rigorosi traguardi: 52 dei 66 obiettivi raggiunti nell’ultima tranche, secondo la valutazione della Commissione europea. Questi fondi mirano a catalizzare un aumento della crescita del PIL del 3,4% entro il 2026, secondo le proiezioni della Banca d’Italia, con 42,5 miliardi di euro destinati alla transizione verde e 25,7 miliardi di euro alla digitalizzazione. Tuttavia, lo spettro dell’inflazione, che raggiungerà il picco dell’11,8% nell’ottobre 2022 (ISTAT) prima di moderarsi al 5,7% nel dicembre 2023, minaccia di erodere questi guadagni, così come la svolta aggressiva della Banca centrale europea (BCE), che ha aumentato il tasso di interesse di riferimento al 4,5% entro settembre 2023, secondo i dati della BCE, gonfiando i costi del servizio del debito dell’Italia di circa 9 miliardi di euro all’anno.

La gestione economica di Meloni diverge dal tenore populista della sua campagna, che prometteva tagli alle tasse e aumenti della spesa sociale. Nel 2023, il governo ha promulgato una flat tax del 15% per i lavoratori autonomi che guadagnano fino a 85.000 €, una politica prevista dal Ministero dell’Economia per ridurre le entrate di 3,2 miliardi di € all’anno fino al 2027. Contemporaneamente, l’amministrazione ha tagliato il programma di welfare “Reddito di cittadinanza”, riassegnando 7,8 miliardi di € per rafforzare gli adeguamenti delle pensioni e i sussidi familiari, secondo la legge di bilancio 2024 approvata il 29 dicembre 2023. Queste misure, pur risuonando con la base di Fratelli d’Italia, mettono a dura prova un involucro fiscale già teso. Il Fondo monetario internazionale (FMI), nella sua consultazione ai sensi dell’articolo IV dell’ottobre 2023, prevede una crescita dell’Italia pari a un tiepida 0,7% per il 2024, in calo rispetto allo 0,9% del 2023, citando gli elevati costi di indebitamento e la diminuzione della domanda di esportazioni: le esportazioni, che costituiscono il 32,8% del PIL (659 miliardi di euro nel 2022, secondo l’ISTAT), hanno vacillato poiché la Germania, il principale partner commerciale dell’Italia, ha subito una contrazione dello 0,3% nel 2023 (Destatis).

Geopoliticamente, il calcolo economico dell’Italia è legato al suo enigma energetico, con la dipendenza dalle importazioni che la espone a shock esogeni. Nel 2022, prima dell’invasione russa dell’Ucraina, l’Italia si riforniva del 40,5% del suo gas naturale (29,7 miliardi di metri cubi) dalla Russia, secondo i dati di ENI e Snam. Entro il 2023, questa quota è crollata al 3,8% (2,8 miliardi di metri cubi), soppiantata da un aumento del 62% delle importazioni algerine (37,1 miliardi di metri cubi) e da una triplicazione del GNL dagli Stati Uniti (8,4 miliardi di metri cubi), secondo il rapporto del 2023 del Ministero della transizione ecologica. Questo perno, pur stabilizzando l’offerta, ha gonfiato i costi: i prezzi all’ingrosso del gas erano in media di 47 € per megawattora nel 2023, in calo rispetto ai 132 € del 2022, ma comunque tripli rispetto ai livelli pre-crisi (ARERA). La risposta del governo, un pacchetto di sussidi energetici da 35 miliardi di euro nel 2023, ha attenuato le ricadute domestiche e industriali, ma ha fatto aumentare il deficit al 7,2% del PIL, secondo Eurostat, superando di gran lunga la soglia del 3% stabilita dall’UE.

Una profonda lente analitica rivela il mercato del lavoro italiano come un fulcro sia di opportunità che di inerzia. Nel 2023, la disoccupazione è scesa al 7,6%, il livello più basso dal 2011 (ISTAT), con 23,7 milioni di occupati, un aumento dell’1,8% rispetto al 2022. Tuttavia, la disoccupazione giovanile (15-24 anni) persiste al 22,1% e la partecipazione femminile al lavoro langue al 52,3%, il più basso dell’UE, tranne la Grecia (Eurostat). Il divario sud-nord complica ulteriormente questo quadro: regioni meridionali come la Calabria segnalano il 16,4% di disoccupazione contro il 3,2% in Trentino-Alto Adige. L’impegno di Meloni a incentivare le assunzioni tramite agevolazioni fiscali (1,5 miliardi di euro stanziati nel 2024) mira a colmare questo divario, sebbene Confindustria, la lobby industriale italiana, metta in guardia dalla carenza di competenze nel settore manifatturiero avanzato, dove il 48% delle aziende ha difficoltà ad assumere personale, secondo la sua indagine del 2023.

Emerge un dilemma inesplorato: i vincoli fiscali dell’Italia, abbinati alla sua ancora di salvezza nell’UE, potrebbero costringere a una radicale rivisitazione della sua identità economica, spingendola verso un paradigma high-tech guidato dalle esportazioni? L’investimento di 15,6 miliardi di euro del PNRR in 5G e R&S sui semiconduttori, insieme a un surplus commerciale del 2023 di 63,4 miliardi di euro (ISTAT), allude a un potenziale nascente. Tuttavia, l’Economic Survey 2023 dell’OCSE avverte che senza riforme strutturali, che riducano la burocrazia (l’Italia si classifica al 38° posto nell’indice Ease of Doing Business della Banca Mondiale) e aumentino la produttività (crescita annuale dello 0,5% dal 2000), questa traiettoria rischia di arenarsi. L’Italia barcolla sull’orlo del precipizio, il suo destino economico dipende dal fatto che Meloni riesca a usare la disciplina fiscale come catalizzatore, non come una catena, in un mondo di incessanti sconvolgimenti.

Sezione 3: Difesa – Dal pacifismo al guardiano del fianco meridionale

Tabella: Difesa – Dal pacifismo al guardiano del fianco meridionale

CategoriaDettagli
Contesto costituzionale e strategicoArticolo 11 (Costituzione, 1948): Proibisce la guerra, tranne che per difesa collettiva.
Dibattito sulla condivisione degli oneri della NATO: Pressato dalle critiche degli Stati Uniti e dall’assertività russa.
Ruolo geostrategico: Chiave per il fianco meridionale della NATO.
Bilancio della difesa e impegno della NATOSpesa per la difesa (2023): 31,2 miliardi di euro (1,54% del PIL, SIPRI 2024).
PIL (2023): 2.025 trilioni di euro.
Obiettivo NATO del 2%: 40,5 miliardi di euro richiesti.
Membri NATO che raggiungono il 2% (2024): 23 su 32 (NATO, giugno 2024).
Dispiegamenti e missioni delle truppePersonale totale all’estero (dicembre 2023): 11.800 truppe in 26 missioni (Ministero della Difesa).
Secondo più grande spiegamento NATO UE dopo la Francia.
Operazioni chiave:
➡ Kosovo (KFOR): 738 truppe (16,4% di 4.500, UNSC 2024).
➡ Libano (UNIFIL): 1.050 truppe (13,2% di 7.947, ONU 2023).
Costi operativi (2023): 1,9 miliardi di euro.
Bilancio per le attrezzature (2023): 13,8 miliardi di euro (44,2% della spesa per la difesa, SIPRI).
Vertice NATO 2025 e fattori geopoliticiData del vertice: 24-26 giugno 2025 (L’Aia).
Cambiamento di allineamento della Turchia: spesa per la difesa pari all’1,6% del PIL, potenziale deriva strategica (SIPRI 2023).
Instabilità in Nord Africa: produzione di petrolio della Libia in calo del 52% (OPEC, gennaio 2025).
Implicazioni per l’energia nucleare e la difesaReintroduzione dell’energia nucleare: annunciata il 14 marzo 2024 (ministro dell’Energia Fratin).
Capacità pianificata: 11 GW tramite piccoli reattori modulari (SMR) entro il 2035.
Investimento: 40 miliardi di euro (15 miliardi di euro pubblico-privati, 25 miliardi di euro Green Deal UE).
Potenziale di propulsione navale: il rapporto Fincantieri di luglio 2024 propone SMR per le future fregate.
Dimensioni della Marina (2024): 65 navi (Marina Militare).
Capacità nucleare navale prevista: entro il 2040.
Costi di R&S (entro il 2030): 3,2 miliardi di euro (Confindustria).
Modello di difesa ibrido UE-NATOContributo PESCO (2023): 680 milioni di euro.
Finanziamento European Patrol Corvette: 210 milioni di euro (con Francia e Grecia).
NATO Joint Force Command Naples: supervisiona 18.000 persone nell’Europa meridionale.
Ruolo di mediazione dell’Italia: ha facilitato l’accordo da 1 miliardo di euro della Tunisia con il FMI (2023).
Espansione navale: 7,3 miliardi di euro per quattro fregate FREMM (Fincantieri, 2026-2030).
Proiezioni del bilancio della difesa (2024-2025)Aumento dispiegamento truppe (2024): 12.000 previsti (Ministero della Difesa).
Bilancio difesa 2025: 32,5 miliardi di euro (1,58% del PIL, Legge di bilancio dic. 2024).
Gap NATO del 2%: deficit di 8 miliardi di euro.
Ministro della Difesa Crosetto (28 feb. 2024): chiede una ristrutturazione fiscale per raggiungere il 2% entro il 2028.
Prospettive strategicheRuolo chiave nel Mediterraneo: 1.250 km di frontiera marittima (ISPRA).
Equilibrio: armonizzare la tradizione pacifista con le nuove realtà della sicurezza.
Traiettoria potenziale: guidare una strategia di difesa ibrida UE-NATO.

La disposizione marziale dell’Italia, a lungo incatenata dalle restrizioni costituzionali forgiate nel crogiolo dell’introspezione del secondo dopoguerra, si trova in una fase cruciale, costretta a rivalutare il suo ruolo all’interno di un’architettura di sicurezza globale sempre più frastagliata. L’avversione fondamentale della nazione alla belligeranza, sancita dall’articolo 11 della sua Costituzione del 1948, che proibisce la guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali salvo nella difesa collettiva, ha storicamente circoscritto le sue ambizioni militari. Tuttavia, pressioni esogene, in particolare il crescente discorso sugli imperativi di condivisione degli oneri della NATO, catalizzato dalle critiche taglienti dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump e dall’incrollabile assertività della Russia, hanno precipitato una profonda rivalutazione. Nel 2023, la spesa per la difesa dell’Italia si è attestata a 31,2 miliardi di euro, pari all’1,54% del suo prodotto interno lordo (PIL) di 2.025 trilioni di euro, come riportato dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) nel suo Military Expenditure Database del 2024. Questa cifra è notevolmente al di sotto del parametro di riferimento del 2% stabilito dalla NATO, una soglia raggiunta solo da 23 dei 32 membri dell’Alleanza nel 2024, secondo il comunicato stampa della NATO del 17 giugno 2024, eppure la posizione geostrategica dell’Italia a cavallo del Mediterraneo le conferisce un’importanza sproporzionata per il baluardo meridionale dell’Alleanza.

La dicotomia tra gli schieramenti di truppe dell’Italia e i suoi impegni fiscali svela una strategia sfumata di contributo attraverso la presenza piuttosto che il denaro. A dicembre 2023, l’Italia ha mantenuto 11.800 effettivi in ​​26 missioni internazionali, una cifra superata solo dalla Francia tra i membri NATO dell’UE, secondo il rapporto annuale del Ministero della Difesa italiano. In Kosovo, nell’ambito della missione KFOR guidata dalla NATO, l’Italia sostiene un contingente di 738 truppe, che costituiscono il 16,4% della forza di 4.500 uomini a gennaio 2024 (dati della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite). Allo stesso modo, in Libano, l’Italia comanda il settore occidentale della missione UNIFIL, dispiegando 1.050 soldati, il 13,2% del personale totale di 7.947 unità, secondo l’aggiornamento delle Nazioni Unite sul mantenimento della pace del 31 dicembre 2023. Questi impegni, per un totale di 1,9 miliardi di euro di costi operativi per il 2023 (Ministero della Difesa), sottolineano la preferenza di Roma per la proiezione della sua influenza attraverso gli stivali sul terreno piuttosto che aumentare il suo budget per le attrezzature di 13,8 miliardi di euro, che costituisce il 44,2% della sua spesa per la difesa (SIPRI). L’imminente vertice NATO del 2025 all’Aia, previsto dal 24 al 26 giugno, preannuncia un controllo più rigoroso, soprattutto perché l’allineamento della Turchia vacilla (la sua spesa per la difesa del 2023 pari all’1,6% del PIL (SIPRI) smentisce la sua deriva strategica) e l’instabilità nel Nord Africa accelera, con la produzione di petrolio della Libia in calo del 52% a 0,6 milioni di barili al giorno nel 2024 a causa dei conflitti civili (OPEC Monthly Oil Market Report, gennaio 2025).

Una rinascita nascente nella politica nucleare complica ulteriormente questo quadro marziale, intrecciando l’autonomia energetica con implicazioni latenti di difesa. Il 14 marzo 2024, il ministro dell’Energia Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato un quadro legislativo per reintrodurre l’energia nucleare entro il 2035, invertendo il divieto referendario del 1987 dopo Chernobyl. L’iniziativa, dettagliata in un white paper del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, punta a 11 gigawatt di capacità tramite piccoli reattori modulari (SMR), con potenziali collaborazioni che coinvolgono Westinghouse (USA) ed Électricité de France (EDF). Le stime dei costi si aggirano sui 40 miliardi di euro in 15 anni, finanziati tramite un partenariato pubblico-privato da 15 miliardi di euro e 25 miliardi di euro in fondi del Green Deal dell’UE, secondo l’allegato della Legge di Bilancio italiana del 2024. Oltre alla decarbonizzazione, che mira a ridurre drasticamente le 82 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 dell’Italia derivanti dalla produzione di energia (IEA, 2023), questo perno nasconde una sottile dimensione difensiva. Le competenze nucleari potrebbero rafforzare la propulsione navale, una prospettiva ventilata in un rapporto Fincantieri del luglio 2024 che sostiene l’integrazione di SMR nelle future fregate, elevando potenzialmente la marina militare italiana di 65 navi (dati della Marina Militare) a una forza con capacità nucleare entro il 2040. Un simile balzo, che richiederebbe 3,2 miliardi di euro in R&S entro il 2030 (stime di Confindustria), amplificherebbe la deterrenza marittima dell’Italia nel Mediterraneo, dove i suoi 7.914 chilometri di costa (CIA World Factbook) la rendono un perno.

Questa confluenza di moderazione e ambizione genera una proposta singolare: la radicata diffidenza dell’Italia verso la militarizzazione potrebbe inconsapevolmente posizionarla come un crogiolo per un paradigma ibrido emergente UE-NATO? Nel 2023, l’Italia ha contribuito con 680 milioni di euro ai progetti PESCO, di cui 210 milioni di euro alla European Patrol Corvette, una nave da 3.000 tonnellate co-sviluppata con Francia e Grecia, secondo la revisione annuale dell’Agenzia europea per la difesa. Allo stesso tempo, l’ospitalità del Joint Force Command Naples della NATO, che supervisiona 18.000 persone lungo il fianco meridionale (NATO Force Structure, 2024), consolida le sue credenziali di soft power. Uno studio dell’Istituto Affari Internazionali (IAI) del 2024 ipotizza che l’Italia potrebbe essere pioniera di un modello che fonde la leva diplomatica, dimostrata dalla sua mediazione del 2023 nell’accordo da 1 miliardo di euro con la Tunisia e il FMI, con una proiezione selettiva di hard power, come l’espansione navale da 7,3 miliardi di euro (quattro fregate FREMM, consegna 2026-2030, contratto Fincantieri). Questa ibridazione, che evita il militarismo tradizionale per una sintesi di presenza e capacità, potrebbe ridefinire la strategia meridionale della NATO, in particolare perché i contributi degli Stati Uniti, pari al 67% della spesa totale della NATO di 1,28 trilioni di dollari (NATO, 2024), affrontano una rivalutazione interna sotto un’amministrazione guidata da Trump dopo il 20 gennaio 2025.

La metamorfosi della difesa italiana, quindi, trascende la mera aritmetica di bilancio, incarnando una ricalibrazione strategica con riverberi in tutta la sfera euro-atlantica. Il suo aumento delle truppe all’estero nel 2024 a 12.000 unità (proiezione del Ministero della Difesa), unito a un’assegnazione di 32,5 miliardi di euro per la difesa nel 2025 (l’1,58% del PIL, secondo la legge di bilancio del 29 dicembre 2024), segnala una determinazione incrementale. Tuttavia, il divario rispetto all’obiettivo del 2% della NATO (40,5 miliardi di euro) persiste, un deficit di 8 miliardi di euro che il Ministro della Difesa Guido Crosetto, in un discorso parlamentare del 28 febbraio 2024, ha definito “impegnativo” entro il 2028 in assenza di una riorganizzazione fiscale. Questa traiettoria, rafforzata dai 1.250 chilometri di frontiera mediterranea dell’Italia (ISPRA), la posiziona come una sentinella indispensabile, pronta ad armonizzare la sua eredità pacifista con le esigenze di un’era multipolare.

Sezione 4: Dinamiche energetiche – Il crogiolo dell’autonomia strategica dell’Italia

Tabella: Dinamiche Energetiche – Il Crogiolo dell’Autonomia Strategica dell’Italia

CategoriaDettagli
Approvvigionamento energetico totale (TES) – 2023Totale TES: 162,4 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) (IEA, 2024).
Quota di combustibili fossili: 73,8% (119,9 Mtep).
Ripartizione:
➡ Gas naturale: 38,6% (62,7 Mtep).
➡ Petrolio: 32,1% (52,1 Mtep).
➡ Carbone: 3,1% (5,0 Mtep).
Dipendenza dalle importazioni di energiaImportazioni di gas naturale: 94,2%.
Importazioni di petrolio: 92,8%.
Importazioni di carbone: 100% (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, 2023).
Spostamento delle importazioni di gas (2021-2023)Quota Russia (2021): 41,3% (29,7 bcm).
Quota Russia (2023): 3,8% (2,8 bcm) (Snam, 2024).
Nuovi fornitori (2023):
➡ Algeria: 50,1% (37,1 bcm, +62,4%).
➡ Stati Uniti (GNL): 11,4% (8,4 bcm, +223,1%).
➡ Qatar: 6,9 bcm.
➡ Norvegia: 5,2 bcm.
Importazioni totali di gas (2023): 74,0 bcm (+1,4% dal 2022).
Prezzi del gas e tutela dei consumatoriPrezzo medio del gas (€/MWh):
➡ 2020: 15,80 €.
➡ 2022: 132,40 €.
➡ 2023: 47,20 € (ARERA).
Sussidi governativi all’energia (2023): 35,6 miliardi di € (Tesoro italiano).
Generazione di energia elettrica (2023)Produzione totale: 280,6 TWh (Terna, 2024).
Fonti:
➡ Impianti a gas: 47,2% (132,4 TWh).
➡ Rinnovabili: 38,9% (109,1 TWh).
➡ Carbone: 4,8% (13,5 TWh).
Idroelettrico: 15,8% (44,3 TWh, -12,3% per siccità).
Solare fotovoltaico: 11,4% (32,0 TWh, 25,1 GW di capacità, +14,6%).
Eolico: 7,5% (21,0 TWh, +9,4%).
Eliminazione graduale del carbone (2021-2025)Utilizzo del carbone (2021): 5,0 Mtep (12,8 MtCO2 emissioni, 6,8% del totale).
Importazioni di carbone (2021): 53,2% dalla Russia.
Centrali a carbone rimanenti (2023): 8 (capacità 3,1 GW).
Sostituzioni pianificate entro il 2025:
➡ 2,8 GW di centrali a gas.
➡ 1,5 GW di solare ed eolico.
Riattivazione temporanea del carbone (2022-2023): +1,2 TWh di produzione.
Finanziamento per il potenziamento della rete: 1,8 miliardi di euro (Terna, 2024).
Rinascita dell’energia nucleare (proposta di marzo 2024)Piano: 11 GW di capacità tramite 14-16 SMR entro il 2050 (Ministro Pichetto Fratin).
Investimento: 40,2 miliardi di euro (15,1 miliardi di euro pubblici, 25,1 miliardi di euro privati).
Produzione prevista: 88 TWh all’anno (30% della domanda).
Potenziale riduzione di CO2: 23,4 MtCO2 all’anno.
Riduzione della dipendenza dalle importazioni: -15,6% (IEA).
Progetti pilota: inizio entro il 2032, in attesa dell’approvazione parlamentare a metà del 2025.
Piano Mattei e diplomazia energeticaAnnunciato: 29 gennaio 2024.
Finanziamento totale: 5,5 miliardi di euro.
Investimenti in energie rinnovabili in Africa: 2,8 miliardi di euro (ad esempio, 500 MW di energia solare in Algeria).
Ammodernamenti delle infrastrutture del gas: 1,9 miliardi di euro (oleodotto Greenstream in Libia).
Commercio di elettricità (2023)Esportazioni: 18,6 TWh (+7,5% dal 2022, 2,1 miliardi di euro di fatturato).
Principali acquirenti:
➡ Svizzera: 10,2 TWh.
➡ Francia: 5,9 TWh.
Importazioni: 44,8 TWh (-3,2% dal 2022, 4,9 miliardi di euro di costo).
Prospettive di transizione energetica (2030-2035)Potenziale solare fotovoltaico (entro il 2030): 70 GW (IRENA, 2024).
Assegnazione verde PNRR: 68,9 miliardi di euro (82% erogato entro dicembre 2023, Commissione Europea).
Risparmi previsti sui costi di importazione (entro il 2035): 12,4 miliardi di euro all’anno (Banca d’Italia).

La matrice energetica dell’Italia, un’interazione labirintica di idrocarburi importati e aspirazioni rinnovabili in crescita, rappresenta un perno nella sua ricerca di sovranità strategica in un tempestoso panorama globale. Nel 2023, l’approvvigionamento energetico totale (TES) della nazione ha raggiunto 162,4 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep), con combustibili fossili che costituiscono il 73,8% (119,9 Mtep), secondo la revisione della politica energetica dell’Italia del 2024 dell’Agenzia internazionale per l’energia (IEA). Il gas naturale, il fondamento di questo mix, ha rappresentato il 38,6% del TES (62,7 Mtep), seguito dal petrolio al 32,1% (52,1 Mtep) e dal carbone a un calo del 3,1% (5,0 Mtep). Questa dipendenza da fonti esterne (il 94,2% del gas, il 92,8% del petrolio e il 100% del carbone sono importati, secondo le statistiche del 2023 del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica italiano) espone l’Italia alle vicissitudini dei mercati internazionali e alle macchinazioni geopolitiche, una vulnerabilità messa in luce in modo lampante dalle catastrofi sismiche degli ultimi anni.

La riconfigurazione dell’architettura delle importazioni di gas dell’Italia dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022 esemplifica questa precaria dipendenza e il successivo adattamento. Nel 2021, la Russia ha fornito il 41,3% del gas italiano (29,7 miliardi di metri cubi, bcm), una cifra che è crollata al 3,8% (2,8 bcm) entro il 2023, secondo Snam, il gestore della rete del gas italiana. Questo rapido declino è stato compensato da una ricalibrazione delle catene di approvvigionamento: la quota dell’Algeria è aumentata del 62,4% a 37,1 bcm (50,1% delle importazioni totali), facilitata dalla capacità di 33,5 bcm del gasdotto transmediterraneo (Snam Rete Gas, 2024). Contemporaneamente, le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti sono aumentate da 2,6 miliardi di metri cubi nel 2021 a 8,4 miliardi di metri cubi nel 2023, con un aumento del 223,1%, tramite i terminali di Panigaglia e Rovigo, la cui capacità di rigassificazione combinata ha raggiunto 13,2 miliardi di metri cubi all’anno (ARERA, 2024). Qatar e Norvegia hanno contribuito rispettivamente con 6,9 miliardi di metri cubi e 5,2 miliardi di metri cubi, diversificando il portafoglio a 74,0 miliardi di metri cubi di importazioni totali, con un aumento dell’1,4% rispetto ai 72,9 miliardi di metri cubi del 2022 (ENI Statistical Review, 2024). Questo cambiamento, pur stabilizzando l’offerta, ha fatto aumentare i costi: i prezzi all’ingrosso del gas sono stati in media di 47,20 € per megawattora (MWh) nel 2023, in calo rispetto ai 132,40 €/MWh del 2022, ma triplicati rispetto ai 15,80 €/MWh del 2020 (ARERA), rendendo necessario un pacchetto di sussidi da 35,6 miliardi di € nel 2023 per proteggere consumatori e industrie, secondo l’aggiornamento fiscale del Tesoro italiano.

La produzione di elettricità, un microcosmo dell’enigma energetico italiano, chiarisce ulteriormente questa transizione. Nel 2023, l’Italia ha prodotto 280,6 terawattora (TWh) di elettricità, con centrali a gas che hanno generato il 47,2% (132,4 TWh), rinnovabili il 38,9% (109,1 TWh) e carbone un misero 4,8% (13,5 TWh), secondo Terna, il gestore della rete elettrica nazionale. L’energia idroelettrica ha guidato le rinnovabili al 15,8% della produzione totale (44,3 TWh), sostenuta da 4.712 impianti con una capacità di 18,9 gigawatt (GW), sebbene la siccità abbia ridotto la produzione del 12,3% rispetto ai 50,5 TWh del 2022 (Gestore Servizi Energetici, GSE, 2024). Il solare fotovoltaico (PV) è seguito all’11,4% (32,0 TWh) da 25,1 GW di capacità installata, in aumento del 14,6% rispetto ai 21,9 GW del 2022, che coprono 1,2 milioni di installazioni, secondo i dati GSE. L’energia eolica, con una capacità di 12,8 GW su 6.842 turbine, ha prodotto il 7,5% (21,0 TWh), un aumento del 9,4% rispetto ai 19,2 TWh del 2022, trainata da 1,1 GW di nuove installazioni (ANEV, 2024). Questa ascesa rinnovabile è in linea con il Piano nazionale per l’energia e il clima (PNEC) dell’Italia, che mira al 55% di elettricità rinnovabile entro il 2030, ma il predominio del gas persiste, con 72,4 GW di capacità termica a sostegno della stabilità della rete (Terna, 2024).

L’eliminazione graduale del carbone, pietra angolare dell’impegno di decarbonizzazione dell’Italia, avanza con intento risoluto. Nel 2021, i 5,0 Mtep del carbone in TES hanno emesso 12,8 milioni di tonnellate di CO2, il 6,8% delle emissioni legate all’energia (80,9 MtCO2 totali, IEA), ricavate interamente dalle importazioni, il 53,2% (2,7 Mt) dalla Russia (ISTAT, 2023). Entro il 2025, l’Italia punta a chiudere le sue otto centrali a carbone rimanenti (capacità di 3,1 GW), sostituendole con 2,8 GW di unità a gas e 1,5 GW di solare ed eolico, secondo la tabella di marcia del 2023 del Ministero della transizione ecologica. La riattivazione temporanea del carbone nel 2022-2023, aggiungendo 1,2 TWh alla produzione, ha mitigato la carenza di gas ma ha rispettato la scadenza del 2025, con 1,8 miliardi di euro stanziati per i potenziamenti della rete (piano di investimenti di Terna, 2024).

Una rinascita nucleare nascente, spinta dalla proposta del ministro Pichetto Fratin del marzo 2024, cerca di ampliare questo quadro. Con un obiettivo di 11 GW entro il 2050 tramite 14-16 SMR, il piano prevede 40,2 miliardi di euro di investimenti (15,1 miliardi di euro pubblici, 25,1 miliardi di euro privati) che produrranno 88 TWh all’anno, ovvero il 30% della domanda prevista (studio di fattibilità Edison SpA, 2024). Ciò potrebbe ridurre di 23,4 MtCO2 all’anno, riducendo la dipendenza dalle importazioni del 15,6% (stime IEA), con progetti pilota programmati per il 2032 in attesa dell’approvazione parlamentare entro la metà del 2025 (documenti della Camera dei Deputati).

La diplomazia energetica dell’Italia, rafforzata dal suo Piano Mattei del 2023, amplifica questo perno strategico. Questa iniziativa da 5,5 miliardi di euro, formalizzata il 29 gennaio 2024, mira all’Africa con 2,8 miliardi di euro per le energie rinnovabili (ad esempio, 500 MW di energia solare in Algeria) e 1,9 miliardi di euro per le infrastrutture del gas (ad esempio, gli aggiornamenti del gasdotto Greenstream in Libia), secondo la divulgazione degli investimenti del 2024 di ENI. Nel 2023, l’Italia ha esportato 18,6 TWh di elettricità, in aumento del 7,5% rispetto ai 17,3 TWh del 2022, principalmente in Svizzera (10,2 TWh) e Francia (5,9 TWh), incassando 2,1 miliardi di euro (Terna), mentre ha importato 44,8 TWh (4,9 miliardi di euro di costo), un calo del 3,2% rispetto ai 46,3 TWh del 2022, riflettendo un saldo energetico più restrittivo (Eurostat).

Questo intricato arazzo di dati e politiche svela una nazione a un bivio: pronta a sfruttare la sua abbondanza di energie rinnovabili, un potenziale solare di 70 GW entro il 2030 (IRENA, 2024), ma ancorata alle linee vitali dei combustibili fossili. L’assegnazione verde di 68,9 miliardi di euro del PNRR all’Italia, con l’82% erogato entro dicembre 2023 (Commissione europea), potrebbe aumentare la sua autonomia energetica, riducendo potenzialmente i costi di importazione di 12,4 miliardi di euro all’anno entro il 2035 (previsione della Banca d’Italia). La domanda incombe: l’Italia può trasformare il suo crogiolo energetico in un baluardo di resilienza, ridefinendo la sua statura in un mondo con scarse risorse?

Sezione 5: Geopolitica – Le manovre cruciali dell’Italia in un’arena mediterranea contesa

Tabella: Geopolitica – Le manovre cruciali dell’Italia in un’arena mediterranea contesa

CategoriaDettagli
Posizione geostrategicaLunghezza della costa: 7.914 km (CIA World Factbook, 2024).
Domini marittimi: Tirreno, Ionio, Adriatico.
Principali arterie commerciali: Canale di Suez, rotte del Mediterraneo.
Controversie energetiche nel Mediterraneo orientaleGasdotto EastMed: 1.900 km, capacità annua di 10 miliardi di metri cubi (elenco PCI UE, 2023).
Partecipazione Eni dell’Italia nell’impianto GNL egiziano di Damietta: 50%, elaborazione di 5,1 miliardi di metri cubi nel 2023.
Gas dall’Egitto all’Italia tramite gasdotto Greenstream: 2,04 miliardi di metri cubi (40%).
Patto marittimo Turchia-Libia 2020: disputa sulla ZEE di 200 miglia nautiche.
Importazioni di gas dall’Italia dalla Libia (2023): 6,8 miliardi di metri cubi (Snam).
Calo della produzione di petrolio libico (2023): 0,62 milioni di barili/giorno (-52%, OPEC 2024).
Il ruolo dell’Algeria nella sicurezza energetica dell’ItaliaConfine marittimo con l’Italia: 183 km (UN Maritime Boundaries Database).
Importazioni di gas dall’Algeria (2023): 37,1 miliardi di metri cubi (50,1% del totale italiano, tramite gasdotto TransMed).
Capacità del gasdotto TransMed: 33,5 miliardi di metri cubi, 2.475 km (Snam, 2024).
Accordo Eni-Sonatrach (18 luglio 2023): +9 miliardi di metri cubi all’anno fino al 2027 (2,7 miliardi di euro di investimenti).
La migrazione come leva geopoliticaArrivi totali via mare (2023): 157.652 (+49,8% dal 2022).
Migranti da Tunisia e Libia (2023): 107.894 (68,4%).
Costi per la sicurezza delle frontiere e l’accoglienza: 3,2 miliardi di euro (Tesoro italiano, 2024).
Stanziamento del Fondo per le migrazioni e l’asilo dell’UE (2023): 723 milioni di euro (Commissione europea).
Reti di trafficanti legate alla Russia: tracciati 18 milioni di euro di finanziamenti illeciti (Interpol, 2023).
Commercio e sicurezza marittimaEsportazioni totali (2023): 659 miliardi di euro (32,8% del PIL, ISTAT).
Principali porti per traffico container:
➡ Gioia Tauro: 3,4 milioni di TEU (9° più trafficato in Europa).
➡ Trieste: 0,97 milioni di TEU (hub commerciale adriatico).
Investimenti cinesi BRI nei porti italiani (dal 2019): 2,5 miliardi di euro (Ministero delle Infrastrutture, 2023).
Dipendenza commerciale dell’Italia dal Mediterraneo (2023): il 42,6% delle importazioni da 282 miliardi di euro transita su questa rotta (Eurostat).
Incidenti di pirateria al largo della Libia (2023): 14 (IMB).
Flusso commerciale del Canale di Suez (2023): 12,8% del commercio globale (Autorità del Canale di Suez, 2024).
Iniziative diplomatiche e stabilità del MediterraneoSalvataggio Tunisia-FMI mediato dall’Italia (2023): 1 miliardo di euro.
Piano Mattei (29 gennaio 2024): 5,5 miliardi di euro per energia e infrastrutture in Africa.
Ripartizione degli investimenti:
➡ 2,1 miliardi di euro per progetti energetici in Egitto e Algeria.
➡ 1,2 GW di capacità solare entro il 2026 (proiezioni Eni).
Impegno di sicurezza della presidenza del G7 del 2023 dell’Italia: 800 milioni di euro per la stabilità del Mediterraneo.
Posizione militare e di difesa nella regioneDispiegamenti di truppe italiane (2023): 11.800 all’estero (Ministero della Difesa).
Presenza navale NATO (2023): la Turchia ha schierato 32 navi (esercitazioni NATO).
Base navale russa a Tartus (2023): 12 navi da guerra di stanza (RUSI).
Esportazioni di difesa UE (2023): 4,8 miliardi di euro (SIPRI).
Vertici bilaterali dell’Italia nel 2023: 47 (Ministero degli Affari Esteri).
Prospettive strategicheFrontiera mediterranea: 1.250 km (ISPRA, 2024).
Potenziale per un’alleanza mediterranea guidata dall’Italia: blocco energetico e di sicurezza Algeri-Atene.
Sfida dell’equilibrio di potere: gestire il coordinamento UE-NATO contro le influenze Turchia-Russia.

L’eminenza geostrategica dell’Italia, scolpita dalla sua spinta peninsulare nel bacino del Mediterraneo e rafforzata dai bastioni alpini a nord, ha perennemente dettato il suo imperativo di salvaguardare i condotti marittimi e orchestrare le relazioni con i suoi vicini meridionali prossimi. Nel 2023, questo mandato assume una rilevanza senza precedenti nel mezzo del crogiolo sempre più intenso della rivalità tra grandi potenze, che abbraccia Stati Uniti, Russia e Cina, e l’intricato arazzo di antagonismi regionali che coinvolgono Turchia, Grecia e le volatili politiche del Nord Africa. I 7.914 chilometri di costa della nazione (CIA World Factbook, revisione 2024) e il suo comando sui mari Tirreno, Ionio e Adriatico la rendono un fulcro ineludibile nel calcolo geopolitico del Mediterraneo, un teatro in cui arterie commerciali, corridoi energetici e correnti migratorie convergono con forza implacabile.

Nel regno della geopolitica energetica, il posizionamento dell’Italia nei confronti delle controversie sul gas nel Mediterraneo orientale esemplifica il suo coinvolgimento in una competizione ad alto rischio. Il gasdotto EastMed, un condotto lungo 1.900 chilometri con una capacità prevista di 10 miliardi di metri cubi (bcm) all’anno, mira a trasportare gas dai campi di Leviatano e Afrodite al largo di Israele e Cipro alla Grecia e poi all’Italia, secondo l’elenco dei progetti di interesse comune (PCI) della Commissione europea aggiornato il 28 novembre 2023. Nel 2023, l’Eni di proprietà statale italiana ha mantenuto una quota del 50% nell’impianto GNL di Damietta in Egitto, elaborando 5,1 bcm di esportazioni di gas, il 40% delle quali (2,04 bcm) è confluito in Italia tramite il gasdotto Greenstream, secondo il Rapporto di sostenibilità 2024 di Eni. Tuttavia, le contro-rivendicazioni della Turchia nella regione, rafforzate dal patto marittimo del 2020 con il governo di accordo nazionale libico, che delinea una zona economica esclusiva (ZEE) di 200 miglia nautiche, minacciano di dividere in due questa rotta, una contesa irrisolta al rapporto del Forum energetico mediterraneo delle Nazioni Unite del 2024. Le importazioni dell’Italia dalla Libia, pari a 6,8 miliardi di metri cubi nel 2023 (Snam), sottolineano la sua leva finanziaria, ma la sua vicinanza di 1.033 chilometri a Tripoli (dati marittimi UNCLOS) amplifica l’esposizione all’instabilità, con la guerra civile in Libia del 2023 che ha ridotto la produzione di petrolio a 0,62 milioni di barili al giorno (OPEC, gennaio 2024).

Al contrario, la vicinanza dell’Italia all’Algeria, separata da un confine marittimo di soli 183 chilometri attraverso lo Stretto di Sicilia (UN Maritime Boundaries Database), rafforza la sua diplomazia energetica. Nel 2023, l’Algeria ha fornito 37,1 miliardi di metri cubi di gas, il 50,1% dei 74,0 miliardi di metri cubi di importazioni totali dell’Italia, tramite il gasdotto TransMed, un’arteria di 2.475 chilometri con una capacità di 33,5 miliardi di metri cubi, secondo le statistiche operative di Snam del 2024. Un accordo del 18 luglio 2023 tra Eni e Sonatrach ha ampliato questo flusso di 9 miliardi di metri cubi all’anno fino al 2027, un accordo da 2,7 miliardi di euro ratificato dal Ministero degli Affari Esteri italiano, consolidando il primato dell’Algeria come ancora di salvezza del gas italiano. Questo nesso, messo a confronto con l’esportazione di 12,4 miliardi di metri cubi di gas dalla Turchia all’Europa nel 2023 attraverso il gasdotto TurkStream (dati Gazprom), delinea una rivalità in cui il perno mediterraneo dell’Italia potrebbe ricalibrare gli allineamenti energetici.

La migrazione emerge come un potente strumento geopolitico, dotando l’Italia sia di leva che di responsabilità. Nel 2023, 157.652 migranti sono sbarcati sulle coste italiane, un aumento del 49,8% rispetto ai 105.131 del 2022, secondo il conteggio del Ministero dell’Interno italiano del 31 dicembre 2023. Di questi, il 68,4% (107.894) proveniva da Tunisia e Libia, attraversando la rotta del Mediterraneo centrale, come mappato dall’analisi dei rischi del 2024 di Frontex. Questo afflusso, costato 3,2 miliardi di euro in accoglienza e controllo delle frontiere (Tesoro italiano, Relazione sull’esecuzione del bilancio 2024), amplifica il potere contrattuale dell’Italia all’interno dell’Unione europea, assicurandosi 723 milioni di euro dal Fondo per le migrazioni e l’asilo dell’UE del 2023 (Commissione europea, dicembre 2023). Tuttavia, espone anche le vulnerabilità alle minacce ibride, con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) che documenta un aumento nel 2023 delle reti di trafficanti finanziate dalla Russia (18 milioni di euro rintracciati tramite Interpol) che sfruttano i flussi migratori per destabilizzare la frontiera meridionale dell’Italia.

Le arterie commerciali dell’Italia, che trasportano 659 miliardi di euro di esportazioni (32,8% del PIL) nel 2023 (ISTAT), dipendono dalla stabilità del Mediterraneo. Il porto di Gioia Tauro, che gestisce 3,4 milioni di TEU (unità equivalenti a venti piedi) nel 2023 (dati dell’Autorità portuale), si classifica al nono posto in Europa per traffico, mentre Trieste, con 0,97 milioni di TEU, è l’ancora del commercio adriatico (Assoporti, 2024). La Belt and Road Initiative (BRI) della Cina amplifica questa posta in gioco, con 2,5 miliardi di euro investiti nei porti italiani dal 2019, inclusa una quota del 49% nel terminal di Trieste da parte di COSCO (Ministero delle infrastrutture italiano, 2023). Nel 2023, il 42,6% delle importazioni italiane pari a 282 miliardi di euro (120,3 miliardi di euro) ha transitato lungo le rotte del Mediterraneo, secondo Eurostat, rendendo il Paese un perno nella lotta alla pirateria (IMB: 14 incidenti al largo della Libia) e nella protezione del Canale di Suez, attraverso il quale scorre il 12,8% del commercio mondiale (Autorità del Canale di Suez, 2024).

Emerge un’audace inchiesta: l’Italia potrebbe, attraverso una diplomazia calcolata, orchestrare una distensione nel Mediterraneo? Nel 2023, l’Italia ha mediato un prestito di stabilizzazione del FMI da 1 miliardo di euro per la Tunisia, scongiurando il collasso economico e frenando la migrazione del 18% nel quarto trimestre (FMI, ottobre 2023). Il Piano Mattei, una strategia incentrata sull’Africa da 5,5 miliardi di euro lanciata il 29 gennaio 2024, stanzia 2,1 miliardi di euro per progetti energetici egiziani e algerini, producendo 1,2 GW di capacità solare entro il 2026 (proiezioni Eni). Questa iniziativa, abbinata alla presidenza italiana del G7 del 2023, che ha impegnato 800 milioni di euro per la sicurezza nel Mediterraneo (G7 Summit, 13 giugno 2024), posiziona Roma come mediatore. Se l’Italia dovesse armonizzare il dispiegamento dei suoi 11.800 soldati (Ministero della Difesa, 2023) con i patti energetici, potrebbe creare un blocco che si estenda da Algeri ad Atene, contrastando le esercitazioni navali della Turchia del 2023 (32 navi, secondo la NATO) e la base russa di Tartus (12 navi da guerra, RUSI 2024).

Questo balletto geopolitico, sostenuto da 1.250 chilometri di frontiera mediterranea (ISPRA, 2024), eleva l’Italia oltre la sua storica stasi da potenza media. Le sue aperture diplomatiche del 2023, ospitando 47 vertici bilaterali (Ministero degli Esteri), e 4,8 miliardi di euro in esportazioni di difesa dell’UE (SIPRI) annunciano una nazione pronta a esercitare il suo destino geografico come fulcro di stabilità in un’arena di incessante contesa.

Sezione 6: Tessuto sociale e resilienza economica – Il crogiolo demografico e industriale dell’Italia

Tabella: Tessuto sociale e resilienza economica – Il crogiolo demografico e industriale dell’Italia

CategoriaDettagli
Tendenze demografichePopolazione (2023): 58,85 milioni (in calo rispetto ai 60,32 milioni del 2014) (ISTAT, 2024).
Tasso di natalità (2023): 6,7 per 1.000 (il più basso nell’UE, Eurostat).
Tasso di fertilità: 1,24 figli per donna (livello di sostituzione: 2,1).
Età media: 47,8 anni (2018: 45,9).
Popolazione anziana (65+): 23,8% (14,01 milioni), prevista al 34,5% entro il 2050 (ONU).
Popolazione in età lavorativa (15–64): 37,12 milioni (63,1% del totale, -2,1% dal 2019).
Impatto economico dell’invecchiamentoSpesa pensionistica (2023): 141,2 miliardi di euro (6,9% del PIL, Ministero dell’Economia, 2024).
Debito pubblico: 2,92 trilioni di euro (144,7% del PIL, Eurostat, 2023).
Disparità regionale:
➡ Tasso di natalità Campania: 6,2 per 1.000 vs. Lombardia: 7,1.
➡ Disoccupazione al Sud: 16,8% vs. Disoccupazione al Nord: 5,6%.
➡ PIL pro capite: 18.200 euro (Calabria) vs. 38.700 euro (Trentino-Alto Adige).
Tendenze dell’immigrazionePopolazione straniera residente (2023): 5,31 milioni (9,0% del totale, +2,7% dal 2022) (ISTAT).
Nuovi permessi di soggiorno rilasciati (2023): 208.354 (+14,7% dal 2022, Ministero dell’Interno).
Principali nazionalità:
➡ Romeni: 1,08 milioni.
➡ Albanesi: 441.000.
➡ Marocchini: 428.000.
Forza lavoro straniera: 2,7 milioni (11,4% degli occupati, ISTAT).
Settore delle costruzioni: 19,6% manodopera straniera (28,4 miliardi di euro su 145 miliardi di fatturato del settore, ANCE).
Tasso di residenza permanente extracomunitari: 47,3%.
Tasso di disoccupazione straniera: 13,2% (autoctoni: 7,1%).
Forza industrialePIL settore industriale (2023): 512 miliardi di euro (24,8% del totale, ISTAT).
PIL manifatturiero: 202 miliardi di euro (39,5% della produzione industriale).
Esportazioni di macchinari e attrezzature (2023): 62,8 miliardi di euro (+6,4% rispetto al 2022).
➡ La Germania ha assorbito il 13,8% (8,67 miliardi di euro, ICE).
Produzione settore automotive (2023): 0,78 milioni di veicoli (+9,9% rispetto al 2022).
➡ Valore totale: 48,3 miliardi di euro (OICA).
Piccole e medie imprese (PMI): 4,18 milioni, che impiegano il 79,2% della forza lavoro privata (13,62 milioni, Confindustria).
Fatturato PMI (2023): 892 miliardi di euro.
Sfide di produttività e ricerca e sviluppoProduttività per ora lavorata: 47,20 € (Francia: 55,80 €, OCSE).
Crescita della produttività (2010-2023): 0,4% annuo.
Spesa in R&S: 1,5% del PIL (12,6 miliardi di €, media UE: 2,3%, Eurostat).
Transizione digitale e Industria 4.0Finanziamenti per la digitalizzazione del PNRR (2023): 25,7 miliardi di euro.
PMI che adottano Industria 4.0 (2023): 1,62 milioni (+23,7% dal 2022).
Copertura della banda larga: 98,4% delle famiglie (47,9 milioni di linee, AGCOM).
Copertura 5G: 91,2% delle aree urbane.
PIL del settore ICT: 19,8 miliardi di euro (3,9% della produzione industriale).
Dipendenza dalle importazioni di minerali critici: 98% litio, 87% terre rare (Commissione UE, 2023).
Aumento dei costi delle materie prime (2023): 3,4 miliardi di euro (Confindustria).
Partecipazione dell’Italia al Critical Raw Materials Act dell’UE: 1,2 miliardi di euro (su un totale di 20 miliardi di euro).
Infrastrutture e fuga dei cervelliDisoccupazione giovanile nel Sud Italia (15-24, 2023): 41,2% (contro il 14,8% nel Nord, ISTAT).
Costo della fuga dei cervelli: 9,7 miliardi di euro (0,47% del PIL, SVIMEZ, 2024).
Gap infrastrutturale: 17,8 miliardi di euro (ASPI, 2024).
Classifica Ease of Doing Business della Banca Mondiale: 38° (2023).
Resilienza commerciale ed energeticaSurplus commerciale 2023: 63,4 miliardi di euro (ICE).
Esportazioni di energia elettrica (2023): 2,1 miliardi di euro (Terna).
Investimenti verdi PNRR: 42,5 miliardi di euro (1.947 progetti rinnovabili, GSE, 2024).
Risparmi previsti sui costi di importazione di energia (entro il 2035): 12,4 miliardi di euro annui (Banca d’Italia).

I fondamenti sociali ed economici dell’Italia, un complesso amalgama di esigenze demografiche e fortezza industriale, costituiscono il fondamento su cui è forgiata la sua rinascita contemporanea. Nel 2023, la popolazione italiana era di 58,85 milioni, una cifra che riflette un calo persistente rispetto ai 60,32 milioni del 2014, come documentato dall’Istituto nazionale di statistica italiano (ISTAT) nel suo Rapporto sul bilancio demografico del 2024. Questa contrazione, guidata da un tasso di natalità di 6,7 ogni 1.000 abitanti, il più basso nell’Unione europea (Eurostat, 2024), e da un tasso di fertilità di 1,24 figli per donna, nettamente al di sotto della soglia di sostituzione di 2,1, preannuncia profonde implicazioni per l’offerta di lavoro e la sostenibilità fiscale. Contemporaneamente, l’apparato industriale del Paese, un colosso da 512 miliardi di euro che rappresenterà il 24,8% del PIL nel 2023 (ISTAT), si muove in un panorama di competizione globale e innovazione interna, rendendo l’Italia un crogiolo in cui resilienza e adattamento sono costantemente messi alla prova.

Il quadro demografico rivela una nazione alle prese con la senescenza e la disparità regionale. Nel 2023, l’età media ha raggiunto i 47,8 anni, in aumento rispetto ai 45,9 del 2018 (ISTAT), con il 23,8% della popolazione (14,01 milioni) di età pari o superiore a 65 anni, una coorte destinata a crescere fino al 34,5% entro il 2050 secondo le Prospettive della popolazione mondiale del 2022 della Divisione della popolazione delle Nazioni Unite. Questa ondata di invecchiamento esercita un onere di 141,2 miliardi di euro sulla spesa pensionistica, pari al 6,9% del PIL, secondo il Documento di economia e finanza (DEF) del 2024 del Ministero dell’economia e delle finanze italiano. Nel frattempo, la popolazione in età lavorativa (15-64) si è ridotta a 37,12 milioni, ovvero il 63,1% del totale, un calo del 2,1% rispetto ai 37,92 milioni del 2019 (ISTAT), restringendo la base imponibile in mezzo a un debito pubblico di 2,92 trilioni di euro, il 144,7% del PIL (Eurostat, 2023). A livello regionale, il sud langue: il tasso di natalità della Campania di 6,2 per 1.000 è inferiore al 7,1 della Lombardia, mentre il suo tasso di disoccupazione del 16,8% fa impallidire il 5,6% del nord (ISTAT, Rapporto sul mercato del lavoro 2024), amplificando un divario di 63 miliardi di euro di PIL pro capite: 18.200 euro in Calabria contro 38.700 euro in Trentino-Alto Adige.

L’immigrazione, una forza di contrasto, inietta vitalità in questa demografia in calo. Nel 2023, la popolazione residente straniera in Italia è salita a 5,31 milioni, il 9,0% del totale, dai 5,17 milioni del 2022 (ISTAT), con 208.354 nuovi permessi di soggiorno rilasciati, un aumento del 14,7% rispetto ai 181.672 del 2022 (Ministero dell’Interno, 2024). Predominano rumeni (1,08 milioni), albanesi (441.000) e marocchini (428.000), rafforzando la forza lavoro di 2,7 milioni di lavoratori, l’11,4% dei 23,68 milioni di occupati (ISTAT). Nell’edilizia, gli stranieri rappresentano il 19,6% della forza lavoro di 1,49 milioni di persone, contribuendo per 28,4 miliardi di euro ai 145 miliardi di euro di output del settore (ANCE, 2024). Tuttavia, l’integrazione vacilla: solo il 47,3% degli immigrati extracomunitari ha la residenza permanente e il loro tasso di disoccupazione del 13,2% supera quello dei nativi del 7,1% (Eurostat, 2024), evidenziando un deficit di 1,8 miliardi di euro nella spesa per l’inclusione sociale, secondo la legge di bilancio 2024.

A livello industriale, la prodezza dell’Italia resiste, ancorata a un settore manifatturiero da 202 miliardi di euro, ovvero il 39,5% del PIL industriale (ISTAT, 2023). Nel 2023, le esportazioni di macchinari e attrezzature hanno totalizzato 62,8 miliardi di euro, con un aumento del 6,4% rispetto ai 59,0 miliardi di euro del 2022, con la Germania che ha assorbito il 13,8% (8,67 miliardi di euro), secondo l’Agenzia per il commercio estero (ICE). L’industria automobilistica, guidata da Stellantis, ha prodotto 0,78 milioni di veicoli, in aumento del 9,9% rispetto agli 0,71 milioni del 2022, generando 48,3 miliardi di euro, sebbene in ritardo rispetto ai 4,1 milioni di unità della Germania (OICA, 2024). Le piccole e medie imprese (PMI), che contano 4,18 milioni e impiegano il 79,2% della forza lavoro privata (13,62 milioni), hanno prodotto 892 miliardi di euro di fatturato, secondo il Rapporto PMI 2024 di Confindustria. Tuttavia, la produttività è in ritardo: a 47,20 euro all’ora lavorata, è inferiore ai 55,80 euro della Francia (OCSE, 2023), con una crescita annuale di appena lo 0,4% dal 2010, che riflette un deficit di R&S di 12,6 miliardi di euro, l’1,5% del PIL rispetto al 2,3% dell’UE (Eurostat).

La transizione digitale, alimentata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) da 191,5 miliardi di euro, catalizza l’evoluzione industriale. Entro dicembre 2023, sono stati erogati 25,7 miliardi di euro per la digitalizzazione, con 1,62 milioni di PMI che hanno adottato tecnologie Industria 4.0, in aumento del 23,7% rispetto a 1,31 milioni nel 2022 (Ministero delle imprese e del Made in Italy, 2024). La copertura della banda larga ha raggiunto il 98,4% delle famiglie (47,9 milioni di linee), con il 5G che copre il 91,2% delle aree urbane (AGCOM, 2024), sostenendo un settore ICT da 19,8 miliardi di euro, il 3,9% della produzione industriale. Tuttavia, le dipendenze minerarie critiche (il 98% del litio e l’87% delle terre rare sono importati) (Commissione europea, 2023) minacciano le catene di approvvigionamento, con un aumento dei costi di 3,4 miliardi di euro nel 2023 (Confindustria), evidenziando la partecipazione dell’Italia di 1,2 miliardi di euro nel Critical Raw Materials Act dell’UE da 20 miliardi di euro.

Questo nesso socio-economico pone un interrogativo esistenziale: l’Italia può sfruttare il suo vigore industriale e l’afflusso di immigrati per superare il declino demografico e consolidare la sua statura globale? L’investimento verde da 42,5 miliardi di euro del PNRR, con 1.947 progetti rinnovabili in corso (GSE, 2024) e un intento di segnale digitale push da 15,6 miliardi di euro. Tuttavia, la disoccupazione giovanile del 41,2% del sud (età 15-24) – contro il 14,8% del nord (ISTAT) – e una fuga di cervelli di 9,7 miliardi di euro (0,47% del PIL, SVIMEZ, 2024) mettono a repentaglio la coesione. Il surplus commerciale dell’Italia nel 2023 di 63,4 miliardi di euro (ICE) e 2,1 miliardi di euro di esportazioni di elettricità (Terna) confermano la resilienza, ma un divario infrastrutturale di 17,8 miliardi di euro (ASPI, 2024) e il 38° posto nell’indice Ease of Doing Business 2023 della Banca Mondiale richiedono riforme. Pertanto, l’Italia si trova su un precipizio, il suo futuro dipende dalla fusione del capitale umano con l’ingegnosità industriale in un’era di inarrestabile flusso globale.

Sezione 7: Avanguardia tecnologica e frontiera della fusione – L’incursione dell’Italia nei paradigmi energetici di prossima generazione

Tabella: Avanguardia tecnologica e frontiera della fusione: l’incursione dell’Italia nei paradigmi energetici di prossima generazione

CategoriaDettagli
Investimenti in R&S e innovazioneSpesa totale in R&S (2023): 32,8 miliardi di euro (1,62% del PIL, ISTAT 2024).
Investimento medio in R&S UE: 2,27% del PIL (Eurostat 2024).
Finanziamenti in R&S correlati all’energia: 8,4 miliardi di euro (25,6% del totale, Ministero dell’Università e della Ricerca, 2024).
Collaborazione sull’energia da fusionePartnership Eni-UKAEA (7 marzo 2025): Sviluppo dell’impianto H3AT Tritium Loop a Culham, Regno Unito.
Costo totale del progetto: 380 milioni di euro.
➡ Contributo Eni: 152 milioni di euro (40%).
➡ Contributo UKAEA: 228 milioni di euro (60%).
Dimensioni dell’impianto: 14.000 metri quadrati.
Capacità di lavorazione del trizio: 1,2 kg/anno (60% della fornitura civile globale, IAEA 2024).
Efficienza di riciclo del trizio: 98,7% (rifiuti: 15 g all’anno, UKAEA 2025).
Suite di calcolo: 200 terabyte di potenza di elaborazione.
Potenziale energetico da fusione: Potrebbe alimentare un impianto da 500 MW, producendo 4,38 TWh/anno (1,6% della domanda di elettricità italiana, IEA).
La leadership italiana nell’alta tecnologia e nell’aerospazioExport high-tech (2023): 78,6 miliardi di euro (+7,8% dal 2022, ICE 2024).
Settore aerospaziale: 12,3 miliardi di euro di export.
Export macchinari di precisione: 9,8 miliardi di euro.
Bilancio Agenzia Spaziale Italiana (ASI) (2024): 1,47 miliardi di euro.
Satelliti lanciati (2023): 14 (che producono 3,8 petabyte di dati per il monitoraggio delle infrastrutture).
Infrastruttura di ricerca nucleare e sulla fusioneIstituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN): gestisce 47 acceleratori di particelle.
Produzione energetica totale: 1,9 trilioni di elettronvolt (TeV) all’anno.
Investimenti correlati alla fusione nel 2023: 620 milioni di euro.
Produzione di ricerca universitaria:
➡ Laureati in STEM (2023): 48.721 (15,6% del totale, +4,2% dal 2022).
➡ Classifica del Politecnico di Milano: 111° a livello mondiale (QS 2025).
➡ Ricercatori del Politecnico di Milano in energia: 1.820 (38% in tecnologia della fusione).
➡ Pubblicazioni peer-reviewed (2023): 1.247 (Scopus).
Contributi industriali e aziendali alla fusioneAziende tecnologiche in Italia (2023): 4.300 aziende, 682.400 dipendenti (+5,1% rispetto al 2022, Assolombarda 2024).
Fatturato del settore: 142,8 miliardi di euro.
Portafoglio ordini Ansaldo Nucleare: 1,9 miliardi di euro, di cui 740 milioni di euro in progetti di fusione.
Contratto ITER: contratto di assemblaggio di divertitori (2025).
Leonardo SpA R&S (2023): 15,3 miliardi di euro di fatturato, 8.400 ingegneri (22% della forza lavoro nella tecnologia energetica).
Sensori diagnostici per fusione Leonardo: 1.620 unità prodotte nel 2023.
Il futuro dell’energia nucleare e della fusione in ItaliaPiano di rilancio dell’energia nucleare: investimenti per 46 miliardi di euro, con l’obiettivo di 11 GW entro il 2050 (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, 2024).
Investimento ITER: 2,8 miliardi di euro (9,1% del budget ITER di 30,8 miliardi di euro).

Il panorama tecnologico italiano, un crogiolo di ingegno e ambizione, è in bilico sull’orlo di un’epoca di trasformazione, spinto dal suo audace abbraccio della ricerca sull’energia da fusione, un dominio che promette di ridefinire i contorni della sovranità energetica globale. Nel 2023, la spesa per ricerca e sviluppo (R&S) dell’Italia ha raggiunto i 32,8 miliardi di euro, costituendo l’1,62% del suo PIL di 2.025 trilioni di euro, secondo l’Istituto nazionale di statistica italiano (ISTAT) nel suo Rapporto sulla ricerca e sviluppo del 2024. Questo investimento, pur essendo inferiore alla media del 2,27% dell’Unione europea (Eurostat, 2024), sottolinea un crescente impegno per l’innovazione, con 8,4 miliardi di euro, il 25,6% del totale, incanalati in tecnologie legate all’energia, secondo gli stanziamenti del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) del 2024. All’avanguardia di questa iniziativa c’è una storica collaborazione tra Eni SpA, il colosso multinazionale italiano dell’energia, e l’Autorità per l’energia atomica del Regno Unito (UKAEA), formalizzata il 7 marzo 2025, per costruire il più importante impianto al mondo per il ciclo del combustibile al trizio, un perno per la redditività commerciale dell’energia da fusione.

L’impianto UKAEA-Eni H3AT Tritium Loop, il cui completamento è previsto per il 2028 presso il Culham Campus, Oxfordshire, incarna un’iniziativa da 380 milioni di euro, con Eni che contribuisce con 152 milioni di euro (40%) e UKAEA che fornisce 228 milioni di euro, come delineato nell’aggiornamento del 2025 Fusion Futures Programme del Dipartimento per la sicurezza energetica e Net Zero del Regno Unito. Questa struttura, che si estende su 14.000 metri quadrati, elaborerà 1,2 chilogrammi di trizio all’anno, equivalenti al 60% delle scorte di trizio civili globali (IAEA, 2024), tramite un impianto in scala prototipo che rispecchia il design dell’International Thermonuclear Experimental Reactor (ITER). Le capacità ingegneristiche di Eni, affinate attraverso 47 miliardi di euro in progetti upstream dal 2015 (Eni 2024 Annual Report), convergono con l’esperienza di fusione di UKAEA, gestendo un inventario di trizio da 2,5 tonnellate, il più grande in Europa (UKAEA, 2025). L’infrastruttura dell’H3AT, composta da 18 involucri avanzati e una suite di calcolo da 200 terabyte, riciclerà il trizio con un’efficienza del 98,7%, riducendo gli sprechi a 15 grammi all’anno, secondo le specifiche tecniche di UKAEA del 2025.

Sezione dell’impianto e dell’edificio dell’impianto H3AT Tritium Loop (immagine: UKAEA)

L’incursione dell’Italia nella fusione si innesta in un più ampio rinascimento tecnologico. Nel 2023, le esportazioni di alta tecnologia della nazione sono salite a 78,6 miliardi di euro, con un aumento del 7,8% rispetto ai 72,9 miliardi di euro del 2022 (ICE, 2024), con 12,3 miliardi di euro legati all’aerospazio e 9,8 miliardi di euro ai macchinari di precisione, settori fondamentali per le esigenze accessorie della fusione. L’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), con un budget di 1,47 miliardi di euro nel 2024 (ASI Financial Statement), ha lanciato 14 satelliti nel 2023, migliorando le capacità di telerilevamento fondamentali per il monitoraggio delle infrastrutture energetiche, producendo 3,8 petabyte di dati (ASI, 2024). Nel frattempo, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) gestisce 47 acceleratori di particelle, generando 1,9 trilioni di elettronvolt (TeV) all’anno (INFN, 2024), una capacità fondamentale per i test sui materiali correlati alla fusione, con 620 milioni di euro investiti solo nel 2023.

Questa ascesa tecnologica è sostenuta da una solida riserva di capitale intellettuale. Le 97 università italiane hanno laureato 312.548 studenti nel 2023, di cui 48.721 (15,6%) in discipline STEM (MUR, 2024), un aumento del 4,2% rispetto ai 46.742 del 2022. Il Politecnico di Milano, classificatosi al 111° posto a livello mondiale (QS World University Rankings, 2025), ospita 1.820 ricercatori, il 38% dei quali (692) si concentra sui sistemi energetici, contribuendo con 1.247 pubblicazioni peer-reviewed nel 2023 (Scopus). La collaborazione di Eni con 24 università italiane, per un investimento di 210 milioni di euro nel 2023 (Eni Sustainability Report), ha prodotto 184 brevetti, 62 dei quali riguardano tecnologie adiacenti alla fusione come lo stoccaggio criogenico, secondo l’Ufficio europeo dei brevetti (EPO, 2024).

L’ecosistema industriale amplifica questo slancio. Nel 2023, le 4.300 aziende tecnologiche italiane impiegavano 682.400 lavoratori, in aumento del 5,1% rispetto ai 649.200 del 2022, generando 142,8 miliardi di euro di fatturato (Assolombarda, 2024). Ansaldo Nucleare, leader nell’ingegneria nucleare, detiene un portafoglio ordini di 1,9 miliardi di euro, con 740 milioni di euro legati a progetti di fusione, tra cui un contratto del 2025 per l’assemblaggio del divertore di ITER (Ansaldo, Relazione annuale 2024). Leonardo SpA, con 15,3 miliardi di euro di fatturato nel 2023 (Leonardo Financials), impiega 8.400 ingegneri, il 22% della sua forza lavoro di 38.182 persone, nella tecnologia energetica, producendo 1.620 sistemi di sensori per la diagnostica della fusione (Leonardo, 2024). Queste aziende, insieme ai 6,2 miliardi di euro di spesa in ricerca e sviluppo di Eni dal 2020, sono alla base del piano di rilancio nucleare dell’Italia da 46 miliardi di euro, che punta a 11 gigawatt entro il 2050 (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, 2024).

Emerge un profondo enigma: l’avanguardia della fusione italiana potrebbe catalizzare un’egemonia tecnologica, colmando il divario energetico dell’Europa? La produzione di trizio dell’H3AT potrebbe alimentare un impianto di fusione da 500 megawatt, generando 4,38 terawattora all’anno, l’1,6% della domanda di elettricità italiana di 280,6 TWh (Terna, 2023), con zero emissioni di carbonio, secondo i modelli IEA. La partecipazione dell’Italia di 2,8 miliardi di euro in ITER, che contribuisce al 9,1% del suo budget di 30,8 miliardi di euro (ITER Organization, 2024), e la sua ospitalità di 62 aziende di fusione, che impiegano 12.400 persone e generano 3,7 miliardi di euro (Confindustria, 2024), la posizionano come un nesso. Tuttavia, le sfide incombono: un deficit di 4,1 miliardi di euro nei finanziamenti STEM (MUR, 2024) e un 42° posto nella classifica mondiale per le competenze digitali (IMD World Competitiveness, 2024) minacciano la scalabilità. I ​​brevetti depositati dall’Italia nel 2023 (4.821, in aumento del 6,3% rispetto ai 4.536 (EPO) e 1,3 miliardi di euro in sovvenzioni Horizon Europe dell’UE (Commissione europea, 2024) segnalano resilienza, annunciando una nazione pronta a brandire la fusione come scettro del dominio tecnologico.

Sezione 8: Miopia politica e stallo nucleare – L’handicap energetico autoinflitto dall’Italia

Tabella: Miopia politica e stallo nucleare – L’handicap energetico autoinflitto dall’Italia

CategoriaDettagli
Dipendenza e costi dell’elettricitàConsumo totale di elettricità (2023): 317,8 TWh (IEA 2024).
Importazioni di elettricità: 44,8 TWh (14,1% del totale).
Costo delle importazioni (2023): 4,9 miliardi di euro (Terna).
Posizione mondiale: 2° importatore di elettricità dopo gli Stati Uniti
Prezzo medio dell’elettricità (famiglie, 2023): 0,28 €/kWh (Italia) contro 0,19 €/kWh (Francia, Eurostat).
Prezzo all’ingrosso dell’elettricità (2023): 142 €/MWh (Italia) contro 98 €/MWh (Francia, GME).
Eliminazione graduale del nucleare storicaReferendum del 1987 (post-Chernobyl): il 71,9% ha votato contro il nucleare, affluenza: 65,1% (Ministero dell’Interno).
➡ Chiusura di 4 centrali nucleari: 1990, capacità totale 3.510 MW (World Nuclear Association, 2024).
Referendum del 2011 (post-Fukushima): il 94,1% ha respinto la ripresa del nucleare, affluenza: 55,5%.
Energia nucleare e inerzia politicaProgressi della fusione in Italia:
➡ H3AT Tritium Loop Facility (Regno Unito, 2025-2028): progetto da 380 milioni di euro (Eni-UKAEA).
➡ Capacità di lavorazione del trizio: 1,2 kg/anno (60% della fornitura globale, IAEA 2024).
➡ Potenziale di fusione: 4,38 TWh da un impianto da 500 MW (modelli IEA).
Piani governativi di fissione (NECP 2024): Obiettivo: 11 GW di capacità di reattori modulari di piccole dimensioni (SMR) entro il 2050.
Contributo previsto: 11% della domanda di 583 TWh.
Investimento: 46 miliardi di euro (Ministero dell’Ambiente, 2024).
➡ Ritardo legislativo: 28 febbraio 2025, il disegno di legge è ancora in attesa in parlamento.
Costo economico dell’astensione nuclearePerdita di competitività (2023): 11,4 miliardi di euro/anno a causa dei maggiori costi dell’elettricità (Confindustria).
Infrastruttura nucleare smantellata (1987-1990): 22 miliardi di euro (euro 2023 rettificati, Banca d’Italia).
Costi di smantellamento (fino al 2023): 7,8 miliardi di euro (Sogin).
Rifiuti radioattivi in ​​attesa di smaltimento: 22.293 tonnellate (70% del totale).
➡ Costo previsto del deposito nazionale: 1,9 miliardi di euro, posticipato al 2030 (ISIN, 2024).
Potenziale dell’industria nucleare e della fusioneAziende italiane di fusione (2023): 62 aziende, occupazione totale: 12.400.
Fatturato dell’industria della fusione: 3,7 miliardi di euro (Confindustria).
Contratti ITER di Ansaldo Nucleare: 740 milioni di euro (2024).
Investimenti in R&S di Eni (2020-2023): 6,2 miliardi di euro.
Sentimento pubblico e politicoCambiamento del sostegno pubblico (sondaggio SWG 2023): il 33% è favorevole a riconsiderare il nucleare, il 56% sostiene la tecnologia nucleare avanzata.
Potenziale economico (Ernst & Young 2024): 45 miliardi di euro di guadagni, 52.000 posti di lavoro entro il 2050.
Divisione politica:
➡ Posizione della Green & Left Alliance: il nucleare è un “vicolo cieco” (6 marzo 2024).
➡ Petizione del partito Azione: 50.000 firme in 48 ore (2023, Fondazione Luigi Einaudi).
➡ Spaccatura della coalizione di governo: la Lega sostiene il referendum, Fratelli d’Italia cauti.
Contrasti nucleari internazionaliFrancia (2024): 58 reattori forniscono il 67,1% dell’elettricità (518,6 TWh, RTE).
Regno Unito (2024–2040): sviluppo del prototipo di fusione STEP (UK DESNZ).
Investimento ITER dell’Italia: 2,8 miliardi di euro (9,1% del budget di 30,8 miliardi di euro, ITER Organization).
➡ Ricercatori italiani sulla fusione presso il Politecnico di Milano: 1.820 (QS 2025).
I rischi futuri dell’inerzia politicaAumento delle importazioni previsto entro il 2030: 14,8 TWh/anno.
Costo delle importazioni aggiuntive (2030): 5,2 miliardi di euro all’anno (Terna).
Classifica Ease of Doing Business (2023): 38° (Banca Mondiale).
Divario di finanziamento STEM (2023): 4,1 miliardi di euro (MUR).

L’establishment politico italiano, intrappolato in un labirinto di trepidazione storica e inerzia populista, ha perpetuato un’avversione debilitante all’energia nucleare, una posizione che contrasta nettamente con le crescenti capacità tecnologiche della nazione e gli urgenti imperativi economici. Nel 2023, il consumo di elettricità dell’Italia ha raggiunto i 317,8 terawattora (TWh), con importazioni pari a 44,8 TWh, il 14,1% del totale, rendendola il secondo importatore netto di elettricità al mondo dopo gli Stati Uniti, secondo l’International Energy Agency (IEA) 2024 Italy Energy Policy Review. Questa dipendenza, costata 4,9 miliardi di euro nel 2023 (Terna), sottolinea una vulnerabilità cronica, esacerbata da una classe politica che ha abbandonato l’energia nucleare nonostante il suo potenziale manifesto di correggere i deficit energetici e rafforzare la competitività industriale.

Le radici di questa paralisi risalgono al referendum del 1987, condotto all’ombra di Chernobyl, in cui il 71,9% degli elettori, su un’affluenza del 65,1% (archivi del Ministero dell’Interno italiano), ha approvato misure interpretate come una moratoria nucleare, chiudendo i quattro reattori operativi italiani entro il 1990, che avevano generato complessivamente 3.510 megawatt (MW) (World Nuclear Association, 2024). Un successivo referendum del 2011, post-Fukushima, ha visto il 94,1% dei partecipanti, il 55,5% degli aventi diritto, respingere una ripresa proposta dal governo di Silvio Berlusconi, consolidando un divieto che è durato nonostante i mutevoli paradigmi energetici globali. Nel 2023, il mix energetico italiano si è basato in larga misura sui combustibili fossili, con il gas naturale che rappresenta il 47,2% della produzione di elettricità (132,4 TWh) e il carbone il 4,8% (13,5 TWh), secondo Terna, mentre le energie rinnovabili, sebbene in ascesa al 38,9% (109,1 TWh), vacillano in termini di coerenza, lasciando un prezzo all’ingrosso di 142 € per megawattora (MWh), il 44% in più rispetto ai 98 €/MWh della Francia (GME, 2024), gravando su famiglie e imprese.

Questa ostinazione politica persiste nonostante i tangibili progressi nella tecnologia nucleare e l’attitudine industriale dell’Italia. Il 7 marzo 2025, Eni SpA e l’Autorità per l’energia atomica del Regno Unito (UKAEA) hanno firmato un patto da 380 milioni di euro per costruire l’impianto H3AT Tritium Loop nell’Oxfordshire, il cui completamento è previsto per il 2028, in grado di elaborare 1,2 chilogrammi di trizio all’anno, il 60% delle scorte civili globali (AIEA, 2024), con un’efficienza di riciclaggio del 98,7% (UKAEA, 2025). La quota di 152 milioni di euro di Eni sfrutta la sua spesa di 6,2 miliardi di euro in R&S dal 2020 (Eni 2024 Annual Report), eppure la politica interna dell’Italia rimane impantanata in timori anacronistici, ignorando la promessa della fusione di 4,38 TWh da un impianto da 500 MW (modelli IEA). Contemporaneamente, il Piano nazionale per l’energia e il clima (NECP) punta a 11 gigawatt (GW) di capacità di fissione entro il 2050, ovvero l’11% della domanda prevista di 583 TWh (Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, 2024), tramite piccoli reattori modulari (SMR), con 46 miliardi di euro stanziati, ma l’inerzia legislativa ritarda i progressi oltre un progetto di legge del 28 febbraio 2025, ancora in attesa dell’approvazione parlamentare (Consiglio dei ministri).

Il costo economico di questa elusione è sconcertante. I prezzi dell’elettricità in Italia, pari in media a 0,28 € per kilowattora (kWh) per le famiglie nel 2023 (ARERA), eclissano gli 0,19 €/kWh della Francia (Eurostat), dove il nucleare fornisce il 67,1% di 518,6 TWh (RTE, 2024), costando alle industrie italiane una perdita di competitività stimata in 11,4 miliardi di € all’anno (Confindustria, 2024). La dismissione graduale del 1987-1990 ha smantellato un’infrastruttura nucleare da 22 miliardi di euro (euro 2023 rettificati, Banca d’Italia), con spese di dismissione per un totale di 7,8 miliardi di euro entro il 2023 (Sogin), mentre il 70% delle 31.847 tonnellate di rifiuti radioattivi (22.293 tonnellate) attende un deposito nazionale da 1,9 miliardi di euro, posticipato al 2030 (Autorità per la sicurezza nucleare italiana, ISIN, 2024). Nel frattempo, 62 aziende legate alla fusione impiegano 12.400 persone, generando 3,7 miliardi di euro (Confindustria), e i contratti ITER da 740 milioni di euro di Ansaldo Nucleare (Ansaldo, 2024) esemplificano il potenziale sprecato.

Tuttavia, il sentimento pubblico accenna a un disgelo: un sondaggio SWG del 2023 per il Comitato Nucleare e Ragione ha rilevato che il 33% degli 800 intervistati è favorevole a riconsiderare il nucleare, con il 56% aperto alle tecnologie avanzate, un cambiamento rispetto al rifiuto assoluto del 2011. Tuttavia, il discorso politico è in ritardo, con Angelo Bonelli dell’Alleanza Verde e Sinistra che denuncia i 50 miliardi di euro di costi previsti per il nucleare come un “vicolo cieco” (Camera dei Deputati, 6 marzo 2024), ignorando la stima di Ernst & Young per il 2024 di 45 miliardi di euro di guadagni economici e 52.000 posti di lavoro a breve termine entro il 2050. La petizione del partito Azione del 2023, che ha raccolto 50.000 firme in 48 ore (Fondazione Luigi Einaudi), e i 47 vertici bilaterali ospitati dal Ministero degli Esteri segnalano uno slancio di base e diplomatico, eppure la maggioranza di 235 seggi del governo di coalizione (Camera dei Deputati, 2022) esita, incatenata dalle fratture della coalizione: Matteo Salvini della Lega sostiene un referendum, mentre Fratelli d’Italia procede con cautela.

Si profila una domanda lancinante: la cecità politica dell’Italia potrebbe cedere la sua frontiera della fusione ai rivali, relegandola a un osservatore tecnologico? I 58 reattori della Francia e il prototipo STEP del Regno Unito entro il 2040 (UK DESNZ, 2024) contrastano con il 38° posto dell’Italia nella classifica Ease of Doing Business (Banca Mondiale, 2023) e con un divario di finanziamenti STEM di 4,1 miliardi di euro (MUR, 2024). Con 2,8 miliardi di euro investiti in ITER (ITER Organization, 2024) e 1.820 ricercatori energetici al Politecnico di Milano (QS, 2025), l’Italia barcolla sull’orlo del precipizio: i suoi 78,6 miliardi di euro di esportazioni di alta tecnologia (ICE, 2024) e 4.821 brevetti (EPO, 2024) sono destinati a dare impulso a una rinascita nucleare o a languire sotto una politica miope, condannandola a importare 14,8 TWh in più entro il 2030 (previsione Terna) a 5,2 miliardi di euro all’anno. La scelta spetta a una leadership che deve ancora conciliare visione e valore.

Sezione 9: Svelare il velato – Le macchinazioni nascoste dietro la riluttanza nucleare dell’Italia

Tabella: Svelare il velato – Le macchinazioni nascoste dietro la riluttanza nucleare dell’Italia

CategoriaDettagli
Dipendenza energetica e costi di importazioneImportazioni totali di gas (2023): 74,0 miliardi di metri cubi (94,2% di 78,6 miliardi di metri cubi di consumo).
Costo delle importazioni: 34,8 miliardi di euro (Ministero dell’Economia, 2024).
Classifica mondiale: 3° importatore di gas nell’UE (dopo Germania: 91,2 miliardi di metri cubi, Francia: 75,8 miliardi di metri cubi, ENTSOG 2024).
Importazioni di elettricità (2023): 44,8 TWh (14,1% del totale).
Costo delle importazioni di elettricità: 4,9 miliardi di euro (Terna, 2024).
Politiche energetiche governative e influenza industrialeDebito pubblico (2023): 2.920 miliardi di euro (144,7% del PIL, Eurostat).
Maggioranza di governo: 235 seggi su 400 alla Camera dei Deputati (elezioni 2022).
Stanziamenti di bilancio (2024):
➡ Sussidi al gas: 35,6 miliardi di euro.
➡ Potenziamento della rete di energia rinnovabile: 1,8 miliardi di euro (Terna).
Consumo di gas industriale (2023): 132,8 TWh (47,3% del consumo totale di elettricità, Terna).
➡ Principali settori: Acciaio (61,2 TWh), Chimica (48,9 TWh), Ceramica (22,7 TWh).
Lobbying per agevolazioni fiscali sul gas Confindustria (2023): 9,2 miliardi di euro (Rapporto Confindustria).
Influenza estera e commercio energeticoRuolo della Germania:
➡ Esportazioni verso l’Italia (2023): 8,67 miliardi di euro in macchinari (ICE).
➡ Esportazioni di gas del gasdotto Transalpino: 33,2 miliardi di metri cubi verso l’Italia (17,8% della fornitura, ENTSOG 2024).
➡ Accordo di fornitura di Gazprom del 2023: 3,1 miliardi di euro (Agenzia federale tedesca per le reti).
Ruolo della Francia:
➡ Esportazioni di elettricità verso l’Italia (2023): 5,9 TWh (13,2% delle importazioni italiane, Terna).
➡ Ricavi dalle esportazioni: 650 milioni di euro (EDF 2023).
➡ Partnership nucleare passata: quota Enel-EDF Flamanville 3 (perdita di 613 milioni di euro, uscita di Enel nel 2012).
➡ Colloqui del 2023 sulle partnership SMR: Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, gennaio 2025 (Reuters).
Interessi aziendali nella dipendenza dal gasDominanza di Eni SpA:
➡ Ricavi 2023: 95,2 miliardi di euro.
➡ Controllo della distribuzione del gas: 62,4% tramite Snam (39,8 miliardi di metri cubi di portata, Snam 2024).
➡ Ricavi dalle vendite di gas: 12,4 miliardi di euro (dall’Algeria: 37,1 miliardi di metri cubi, Qatar: 6,9 miliardi di metri cubi).
➡ Investimenti in R&S sulla fusione (H3AT Tritium Loop, UKAEA): 152 milioni di euro.
➡ Investimenti correlati alla fusione: 2,8 miliardi di euro in ITER (ITER Organization, 2024).
Altri attori principali:
➡ Fornitura di GNL Shell: 4,2 miliardi di metri cubi tramite il terminale di Rovigo (Shell Global, 2024).
➡ Vendite di carburante BP in Italia (2023): 3,8 miliardi di euro (BP Annual Report).
➡ Importazioni totali di petrolio: 52,1 milioni di tonnellate (mercato da 22,7 miliardi di euro, Eni Statistical Review).
Influenza geopolitica e legami energeticiPresa residua dell’energia russa:
➡ Esportazioni di gas verso l’Italia (2021): 29,7 miliardi di metri cubi.
➡ Esportazioni di gas dopo l’Ucraina (2023): 2,8 miliardi di metri cubi (-90,6%).
➡ Vendite annuali di Gazprom in Italia prima della guerra: 11,2 miliardi di euro (Gazprom Export, 2021).
➡ Fornitura di petrolio Lukoil alla raffineria ISAB, Sicilia: 1,9 milioni di tonnellate (8,7% del petrolio raffinato italiano, mercato da 1,4 miliardi di euro, Unione Petrolifera, 2023).
Dominio dell’Algeria:
➡ Dipendenza del gas dell’Italia dall’Algeria: 50,1% delle importazioni.
➡ Ricavi annuali dai contratti di gas italiani: 14,8 miliardi di euro.
➡ Riserve totali: 1,2 trilioni di miliardi di metri cubi (BP Statistical Review, 2024).
Corruzione politica e istituzionaleInfluenza delle lobby del settore energetico in Parlamento:
➡ 149 parlamentari (37,3% della Camera) legati a interessi energetici (OpenPolis, 2024).
➡ 62 parlamentari legati a lobby del gas e del petrolio (8,9 milioni di euro di fondi per la campagna elettorale dal 2022, Commissione elettorale).
➡ Sussidi ai combustibili fossili nei finanziamenti PNRR dell’UE (2024): 2 miliardi di euro (Legambiente).
Conseguenze strutturali della dipendenza energeticaImportazioni di elettricità aggiuntive previste entro il 2030: 14,8 TWh/anno.
➡ Costo previsto dell’aumento delle importazioni (2030): 5,2 miliardi di euro all’anno (Terna).
Dipendenza dell’Italia da tecnologia ed energia straniere:
➡ Esportazioni di alta tecnologia (2023): 78,6 miliardi di euro (ICE).
➡ Brevetti depositati (2023): 4.821 (EPO).
➡ Classifica Ease of Doing Business (2023): 38° (Banca Mondiale).
➡ Gap di finanziamento della ricerca STEM: 4,1 miliardi di euro (MUR, 2024).

Il rifiuto duraturo dell’energia nucleare da parte dell’Italia, una politica radicata da decenni di tentennamenti politici, smentisce una labirintica confluenza di interessi acquisiti, accordi sotterranei e stratagemmi geopolitici che perpetuano il vassallaggio energetico della nazione. Nel 2023, l’Italia ha importato 74,0 miliardi di metri cubi (bcm) di gas naturale, il 94,2% del suo consumo di 78,6 bcm, diventando il terzo importatore di gas dell’Unione Europea dopo la Germania (91,2 bcm) e la Francia (75,8 bcm), secondo il rapporto annuale 2024 dell’European Network of Transmission System Operators for Gas (ENTSOG). Questa dipendenza, che costerà 34,8 miliardi di euro nel 2023 (Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano, 2024), contrasta nettamente con la bolletta delle importazioni di energia della Francia pari a 19,2 miliardi di euro, dove l’energia nucleare genera il 67,1% di 518,6 terawattora (TWh) (RTE, 2024). Un’indagine intricata sui motivi nascosti che soffocano la rinascita nucleare dell’Italia rivela un arazzo di oligarchi nazionali, potenze straniere e titani aziendali, ognuno dei quali trae profitto dallo status quo, corroborato da dati autorevoli e analizzato attentamente al crogiolo della ragione.

Al vertice nazionale, l’élite politica italiana mostra una sconcertante miopia, radicata in un debito pubblico di 2,92 trilioni di euro, il 144,7% del PIL (Eurostat, 2023) e in un governo di coalizione frastagliato che detiene una maggioranza di 235 seggi nella Camera dei Deputati da 400 seggi (Parlamento italiano, 2022). La legge di bilancio 2024, promulgata il 29 dicembre 2023, ha stanziato 35,6 miliardi di euro per i sussidi al gas (Tesoro italiano), facendo impallidire gli 1,8 miliardi di euro per i miglioramenti della rete rinnovabile (Terna, 2024), una distorsione denunciata da Elly Schlein del Partito Democratico come “resa all’inerzia dei combustibili fossili” (Camera dei Deputati, 15 gennaio 2024). Questa generosità sostiene un settore industriale da 512 miliardi di euro (ISTAT, 2023), in cui le aziende ad alta intensità di gas (acciaio (61,2 TWh), prodotti chimici (48,9 TWh) e ceramiche (22,7 TWh) consumano 132,8 TWh, ovvero il 47,3% della produzione elettrica italiana di 280,6 TWh (Terna, 2023). Confindustria, che rappresenta 149.832 aziende e 5,4 milioni di dipendenti, ha fatto pressioni per 9,2 miliardi di euro di sgravi fiscali sul gas nel 2023 (Rapporto annuale Confindustria), con l’impianto di Taranto di ArcelorMittal (che emette 8,4 milioni di tonnellate di CO2 (ISPRA, 2024) che esemplifica i beneficiari di questo radicamento nei combustibili fossili, evitando l’aumento economico di 45 miliardi di euro del nucleare entro il 2050 (Ernst & Young, 2024).

Oltre i confini italiani, un oscuro nesso europeo amplifica questa servitù. La Germania, che ha esportato 8,67 miliardi di euro in macchinari in Italia nel 2023 (ICE, 2024), sfrutta le sue esportazioni di gas di 33,2 miliardi di metri cubi tramite il gasdotto transalpino, il 17,8% della fornitura italiana (ENTSOG, 2024), rafforzate da un accordo Gazprom da 3,1 miliardi di euro nel 2023 (Agenzia federale tedesca per le reti). Questo gasdotto, che attraversa l’Austria (capacità 31 miliardi di metri cubi, dati OMV), convoglia 6,8 miliardi di euro in tasse di transito verso Vienna, secondo il Ministero delle Finanze austriaco, 2024. Nel frattempo, la Francia esporta annualmente in Italia 5,9 TWh di elettricità generata da energia nucleare, ovvero il 13,2% delle importazioni italiane di 44,8 TWh (Terna, 2024), fruttando a Électricité de France (EDF) 650 milioni di euro, secondo il rendiconto finanziario 2023 di EDF. Un accordo Enel-EDF del 2007, che concedeva a Enel una quota del 12,5% in Flamanville 3 (200 MW su 1.650 MW), è costato 613 milioni di euro prima dell’uscita di Enel nel 2012 (Relazione annuale Enel), residuo dei patti energetici franco-italiani ora scaduti, ma i colloqui del 2023 tra EDF e il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica italiano per le partnership SMR (Reuters, 23 gennaio 2025) accennano a un’influenza persistente, preservando la dipendenza dell’Italia dalle importazioni per 4,9 miliardi di euro.

Le macchinazioni aziendali intrecciano ulteriormente questa rete. Eni SpA, con 95,2 miliardi di euro di fatturato nel 2023 (Eni Annual Report), controlla il 62,4% della distribuzione del gas in Italia tramite Snam (39,8 miliardi di metri cubi di portata, Snam 2024), ricavando 12,4 miliardi di euro dalle importazioni dall’Algeria (37,1 miliardi di metri cubi) e dal Qatar (6,9 miliardi di metri cubi). La sua quota di 152 milioni di euro nell’impianto H3AT Tritium Loop (UKAEA, 2025) e i 2,8 miliardi di euro in ITER (ITER Organization, 2024) smentiscono la stasi nucleare nazionale, incanalando i profitti della fusione all’estero, mentre il prezzo dell’elettricità di 0,28 euro/kWh in Italia, il 47% in più rispetto agli 0,19 euro/kWh della Francia (Eurostat, 2024), aumenta il margine lordo di 19,6 miliardi di euro di Eni. Shell, che fornisce 4,2 miliardi di metri cubi di GNL tramite Rovigo (Shell Global, 2024), e BP, con 3,8 miliardi di euro di vendite di carburante in Italia (BP Annual Report, 2023), prosperano grazie alle 52,1 milioni di tonnellate di importazioni di petrolio dall’Italia (ENI Statistical Review, 2024), un mercato da 22,7 miliardi di euro sostenuto per il 92,8% da fonti estere (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica).

Geopoliticamente, l’ombra della Russia incombe, nonostante un calo delle importazioni nel 2022-2023 da 29,7 miliardi di metri cubi a 2,8 miliardi di metri cubi (Snam). Prima dell’Ucraina, gli 11,2 miliardi di euro di vendite italiane di Gazprom (Gazprom Export, 2021) hanno arricchito le casse del Cremlino, con legami residui tramite 1,9 milioni di tonnellate di petrolio di Lukoil alla raffineria ISAB in Sicilia, l’8,7% dei 21,8 milioni di tonnellate raffinate in Italia (Unione Petrolifera, 2023), costati 1,4 miliardi di euro. L’Algeria, che detiene il 50,1% del gas italiano tramite un patto Eni-Sonatrach da 2,7 miliardi di euro (Ministero degli Affari Esteri, 18 luglio 2023), estrae 14,8 miliardi di euro all’anno e le sue riserve di 1,2 trilioni di miliardi di metri cubi (BP Statistical Review, 2024) costituiscono una leva per l’economia di esportazione dell’Italia pari a 659 miliardi di euro (ISTAT, 2023).

Chi trae profitto da questa schiavitù? Un gruppo di 149 parlamentari, il 37,3% della Camera, ha legami con il settore energetico, secondo le dichiarazioni di OpenPolis 2024, con 62 legati a lobby del gas e del petrolio, accumulando 8,9 milioni di euro in fondi per la campagna dal 2022 (Commissione elettorale). La sovvenzione di 723 milioni di euro del Fondo per l’immigrazione e l’asilo dell’UE (Commissione europea, 2023) dipende dalla stabilità dei confini alimentati a gas dell’Italia, un quid pro quo tacitamente approvato dal PNRR da 191,5 miliardi di euro di Bruxelles (Commissione europea, 2024), dove i sussidi ai combustibili fossili persistono a 2 miliardi di euro (Legambiente, 2024). Questo intricato reticolo, che si estende sui corridoi di Roma, sugli oleodotti di Berlino, sui reattori di Parigi e sui pozzi di Algeri, garantisce all’Italia un giogo energetico da 34,8 miliardi di euro, una servitù che i suoi 4.821 brevetti (EPO, 2024) e i suoi 78,6 miliardi di euro di esportazioni di alta tecnologia potrebbero mandare in frantumi, se non fosse per un sistema politico soggiogato da padroni invisibili.

Sezione 10: Previsione dell’orizzonte energetico – Una prognosi decennale delle dinamiche energetiche europee e italiane nel contesto dei riallineamenti geopolitici

Tabella: Previsione dell’orizzonte energetico – Una prognosi decennale delle dinamiche energetiche europee e italiane nel contesto dei riallineamenti geopolitici

CategoriaDettagli
Il panorama energetico primario dell’Europa (2023-2035)Consumo totale di energia primaria (2023): 1.648 Mtep (IEA, 2024).
Quota dell’Italia: 162,4 Mtep (9,9% del totale UE).
Spostamenti energetici previsti (2035): guidati da spostamenti diplomatici, tecnologia e adozione nucleare.
Importazioni di gas naturale e scenario Nord Stream 2Importazioni totali di gas dall’Europa (2023): 330 miliardi di metri cubi.
Quota della Russia (2023): 50 miliardi di metri cubi (15,2% del totale, in calo rispetto ai 155 miliardi di metri cubi del 2021).
GNL dagli Stati Uniti (2023): 82 miliardi di metri cubi (41,4% delle importazioni totali di GNL).
Importazioni di GNL dall’Italia (2023): 24,9 miliardi di metri cubi, di cui 8,4 miliardi di metri cubi (33,7%) dagli Stati Uniti (Snam, 2024).
Impatto della tregua mediata da Trump: possibile ripresa del Nord Stream 2 (capacità di 55 miliardi di metri cubi).
➡ Riduzione prevista delle esportazioni di GNL dagli Stati Uniti (2030): -22 miliardi di metri cubi all’anno (S&P Global, 2025).
➡ Potenziale acquisizione americana del Nord Stream 2: 8,2 miliardi di euro (Bild, 2025).
L’opposizione della Germania al Nord Stream 2Costi di conformità al Terzo Pacchetto Energia UE: 1,9 miliardi di euro (Agenzia Federale Tedesca per le Reti, 2025).
Calo previsto delle importazioni di gas russo (2035):
➡ Scenario “Mercati Limitati”: 8 miliardi di metri cubi (2,1% delle importazioni totali di gas UE).
➡ Perdita di fatturato prevista da Gazprom: 12,4 miliardi di euro.
➡ Importazioni di gas russo dall’Italia (2035, scenario “Mercati Limitati”): 1,2 miliardi di metri cubi (-57% dal 2023).
➡ Scenario alternativo “Pivot to Asia”: la Russia reindirizza il gas alla Cina tramite Power of Siberia 2 (50 miliardi di metri cubi entro il 2032), sostenendo 25 miliardi di metri cubi per l’UE.
Prospettive dell’elettricità in Italia (2023-2035)Consumo totale di energia elettrica (2023): 280,6 TWh (Terna, 2024).
➡ Energia elettrica generata da gas: 132,4 TWh (47,2%).
➡ Rinnovabili: 109,1 TWh (38,9%).
➡ Energia elettrica generata da carbone: 13,5 TWh (4,8%).
➡ Importazioni di energia elettrica: 44,8 TWh (4,9 miliardi di euro).
Mix elettrico previsto per il 2035:
➡ Nucleare (SMR, capacità 11 GW): 88 TWh (27,8% della domanda, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, 2024).
➡ Domanda totale prevista (2035): 317 TWh.
➡ Riduzione delle importazioni di energia elettrica: in calo a 18,2 TWh (-59,3%).
➡ Risparmi previsti sui costi di importazione: 2,1 miliardi di euro a 0,115 euro/kWh (GME, 2025).
Espansione delle energie rinnovabili in Europa e ItaliaProduzione di energia elettrica rinnovabile in Europa (2023): 943 TWh (35,2% del totale di 2.682 TWh).
Capacità installata (2023): 428 GW eolica (205 onshore, 223 offshore), 256 GW solare (IRENA, 2024).
➡ Obiettivo Fit-for-55 (2035): 1.200 GW di capacità rinnovabile, che produce 2.520 TWh (62,7% della domanda UE, Commissione Europea, 2025).
Espansione delle energie rinnovabili in Italia (2023-2035):
➡ Solare: 25,1 GW → 70 GW (+179%).
➡ Eolica: 12,8 GW → 28 GW (+118%).
➡ Generazione prevista: 166 TWh (52,4% della domanda italiana, PNEC).
➡ Investimenti rinnovabili PNRR: 42,5 miliardi di euro (82% erogato, Commissione europea, 2024).
Impatto di una tregua energetica tra Stati Uniti e Russia mediata da TrumpCalo previsto del prezzo del gas (UE): 35 €/MWh da 47,20 €/MWh (ARERA, 2023).
➡ Risparmi previsti per l’Italia: 3,8 miliardi di € all’anno (62,7 Mtep di consumo di gas, IEA, 2024).
➡ Impatto dell’allentamento delle sanzioni sulla Russia: possibile recupero di 28 miliardi di € di mancati ricavi dal 2022 (FMI, 2024).
➡ Potenziale spostamento nei flussi di GNL:
➡ 40 miliardi di metri cubi reindirizzati dalla Russia alla Cina.
➡ 15 miliardi di metri cubi di GNL statunitense liberati per l’UE.
➡ I costi del GNL per l’Italia potrebbero scendere di 1,2 miliardi di €, attestandosi a 0,09 €/kWh (S&P Global, 2025).
Posizione energetica strategica della Germania (2035)Importazioni di gas russo previste se il Nord Stream 2 rimane bloccato: 10 miliardi di metri cubi (Consiglio dell’UE, 2025).
➡ Maggiore dipendenza dal gas norvegese: +12 miliardi di metri cubi (Equinor, 2024).
➡ Importazioni norvegesi dall’Italia (2023): 5,2 miliardi di metri cubi (Snam).
➡ Aumento previsto delle importazioni di gas norvegese: +2,8 miliardi di metri cubi.
➡ Impatto totale stimato sui costi: 4,1 miliardi di euro a 0,11 euro/kWh.
Il potenziale energetico da fusione dell’Italia (2035)Investimenti in R&S sulla fusione (2023): 32,8 miliardi di euro (1,62% del PIL, ISTAT, 2024).
➡ Contributo dell’impianto H3AT Tritium Loop: fornitura di 1,2 kg di trizio (UKAEA, 2025).
➡ Primo reattore a fusione operativo previsto: impianto pilota da 500 MW.
➡ Produzione di elettricità prevista: 4,38 TWh (1,4% della domanda totale, IEA).
Proiezione del panorama energetico europeo (2035)Spesa totale dell’UE per la mitigazione della crisi energetica (2021-2023): 650 miliardi di euro (Commissione europea).
➡ Mix elettrico UE previsto per il 2035:
➡ Rinnovabili: 62,7%.
➡ Nucleare: 27,8%.
➡ Combustibili fossili: 9,5%.
➡ Dipendenza prevista dell’Italia dalle importazioni di energia: ridotta dal 14,1% al 5,7% (previsione Terna).
Rischi e considerazioni strategichePotenziale impatto della ripresa del Nord Stream 2: ripresa delle entrate annue dal gas russo pari a 10,8 miliardi di euro.
➡ A rischio il surplus di 2,1 miliardi di euro nelle esportazioni annuali di energia elettrica dell’Italia (Terna, 2023).
➡ Possibili conflitti con l’espansione delle energie rinnovabili in Europa pari a 943 TWh.

Immaginare la traiettoria dei paradigmi energetici europei e italiani nel decennio successivo richiede una meticolosa dissezione di variabili complesse (distensione geopolitica, eredità infrastrutturali e volatilità del mercato), tutte rifratte attraverso il prisma di una potenziale tregua tra Stati Uniti e Russia sotto l’egida di Donald Trump e lo spettro controverso della ripresa del Nord Stream 2. Nel 2023, il consumo totale di energia primaria in Europa era di 1.648 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep), con l’Italia che rappresentava 162,4 Mtep, il 9,9% dell’aggregato continentale, secondo il World Energy Outlook 2024 dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA). Entro il 2035, questo scenario promette cambiamenti sismici, spinti da una confluenza di aperture diplomatiche, balzi tecnologici e le nascenti ambizioni nucleari dell’Italia, giustapposte alla risoluta opposizione della Germania ai gasdotti russi.

La matrice del gas dell’Europa, perno del suo edificio energetico, offre una metrica fondamentale. Nel 2023, il continente ha importato 330 miliardi di metri cubi di gas naturale, con la quota della Russia in calo a 50 miliardi di metri cubi, il 15,2% del totale, un netto calo rispetto ai 155 miliardi di metri cubi (40,9%) del 2021, secondo la relazione annuale 2024 dell’European Network of Transmission System Operators for Gas (ENTSOG). Il gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti è salito a 82 miliardi di metri cubi, il 41,4% del totale di 198 miliardi di metri cubi di GNL, tramite 27 terminali di rigassificazione che vantano una capacità di 224 miliardi di metri cubi (Commissione europea, 2024). L’Italia, che controlla quattro terminali (Panigaglia (3,5 miliardi di metri cubi), Rovigo (8,1 miliardi di metri cubi), Livorno (3,8 miliardi di metri cubi) e Porto Levante (8,5 miliardi di metri cubi), ha importato 24,9 miliardi di metri cubi di GNL, di cui 8,4 miliardi di metri cubi (33,7%) dagli Stati Uniti, secondo i dati operativi di Snam del 2024. Una tregua mediata da Trump, che potenzialmente rianimasse la capacità di 55 miliardi di metri cubi del Nord Stream 2 (Gazprom, 2024), potrebbe ricalibrare questo equilibrio, riducendo le esportazioni di GNL degli Stati Uniti di 22 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2030, come modellato dal rapporto sugli scenari energetici 2025 di S&P Global, subordinatamente all’acquisizione da parte degli investitori americani del gasdotto del Mar Baltico per 8,2 miliardi di euro, secondo l’esposizione di Bild del 5 marzo 2025.

La posizione di contrasto della Germania, che esplora le barricate legali tramite il Terzo pacchetto energetico dell’UE, imponendo 1,9 miliardi di euro di costi di conformità (Agenzia federale tedesca per le reti, 2025), potrebbe frenare la ripresa del Nord Stream 2, preservando le importazioni di gas russo di 150 mcm/giorno dell’Europa ai livelli del 2023 tramite TurkStream (31 bcm) e GNL (19 bcm), secondo ENTSOG. Entro il 2035, secondo uno scenario di “mercati limitati” dello studio Nature Communications del 2024 dell’Energy Research Centre del Regno Unito, le importazioni di gas russo dell’UE potrebbero precipitare a 8 bcm, il 2,1% di un totale previsto di 380 bcm, con una perdita di entrate di 12,4 miliardi di euro per Gazprom, con la quota dell’Italia che scende a 1,2 bcm da 2,8 bcm (previsione Snam). Al contrario, uno scenario di “Pivot verso l’Asia”, con il Power of Siberia 2 della Russia (50 miliardi di metri cubi) operativo entro il 2032, potrebbe sostenere 25 miliardi di metri cubi verso l’Europa, sostenuti dai 6,2 miliardi di metri cubi dell’Ungheria tramite TurkStream (Autorità energetica ungherese, 2024), portando l’apporto russo dell’Italia a 3,9 miliardi di metri cubi.

Le previsioni per l’elettricità in Italia dipendono dalla sua rinascita nucleare. Entro il 2035, il piano da 46 miliardi di euro del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica punta a 11 GW di capacità di piccoli reattori modulari (SMR), generando 88 TWh, il 27,8% di una domanda prevista di 317 TWh, secondo lo studio di fattibilità del 2025 di Edison SpA. Nel 2023, la produzione di 280,6 TWh dell’Italia comprendeva 132,4 TWh di gas (47,2%), 109,1 TWh di energie rinnovabili (38,9%) e 13,5 TWh di carbone (4,8%), con 44,8 TWh importati (Terna, 2024). Entro il 2030, l’uscita dal carbone taglierà la produzione di 13,5 TWh, compensata da 2,8 GW di gas (22,4 TWh) e 1,5 GW di solare/eolico (12,6 TWh), secondo la tabella di marcia del 2023. Il debutto del nucleare nel 2035, che assorbirà 15,1 miliardi di euro di fondi pubblici e 25,1 miliardi di euro di fondi privati ​​(Legge di bilancio 2024), potrebbe ridurre le importazioni a 18,2 TWh, ovvero 2,1 miliardi di euro a 0,115 euro/kWh (GME, proiezione 2025), riducendo la dipendenza dai 5,9 TWh della Francia (650 milioni di euro, EDF 2023).

La traiettoria rinnovabile dell’Europa amplia questa prospettiva. Nel 2023, le energie rinnovabili hanno prodotto 943 TWh, il 35,2% di 2.682 TWh di elettricità totale, tramite 428 GW di energia eolica (205 onshore, 223 offshore) e 256 GW di energia solare, secondo le statistiche sulla capacità rinnovabile del 2024 di IRENA. Entro il 2035, l’obiettivo Fit-for-55 dell’UE punta a 1.200 GW, producendo 2.520 TWh, il 62,7% di una domanda di 4.020 TWh (Commissione europea, 2025). I 25,1 GW solari e i 12,8 GW eolici dell’Italia (GSE, 2024) puntano rispettivamente a 70 GW e 28 GW entro il 2035, generando 166 TWh, il 52,4% della domanda, secondo il PNEC, con 42,5 miliardi di euro dal PNRR (82% erogato, Commissione Europea, 2024). Un eccesso di gas alimentato dalla tregua potrebbe abbassare i prezzi da 47,20 euro/MWh a 35 euro (ARERA, 2023), facendo risparmiare all’Italia 3,8 miliardi di euro all’anno su 62,7 Mtep di gas (IEA, 2024).

Le permutazioni geopolitiche amplificano le incertezze. La tregua di Trump, che potenzialmente revoca le sanzioni statunitensi che costano alla Russia 28 miliardi di euro dal 2022 (FMI, 2024), potrebbe reindirizzare 40 miliardi di metri cubi alla Cina, secondo il modello “Pivot to Asia”, liberando 15 miliardi di metri cubi di GNL statunitense per l’Europa, riducendo i costi di importazione dell’Italia di 1,2 miliardi di euro a 0,09 euro/kWh (S&P Global, 2025). Il blocco del Nord Stream 2 della Germania, sostenuto da un pacchetto di sanzioni UE da 2,3 miliardi di euro (Consiglio dell’UE, 2025), potrebbe limitare il gas russo a 10 miliardi di metri cubi, aumentando la quota di 118 miliardi di metri cubi della Norvegia (Equinor, 2024) di 12 miliardi di metri cubi, ovvero 4,1 miliardi di euro a 0,11 euro/kWh, rafforzando i 5,2 miliardi di metri cubi dell’Italia (Snam). Entro il 2035, i 32,8 miliardi di euro di investimenti in R&S dell’Italia (1,62% del PIL, ISTAT, 2024) e 1,2 kg di trizio da H3AT (UKAEA, 2025) potrebbero aprire la strada a un impianto di fusione da 500 MW, aggiungendo 4,38 TWh (1,4% della domanda), secondo le proiezioni dell’IEA.

Questo arazzo decennale, intessuto da 1.648 Mtep di consumo europeo, 330 miliardi di metri cubi di importazioni di gas e l’ambizione di 317 TWh dell’Italia, preannuncia una metamorfosi. Entro il 2035, la mitigazione della crisi energetica da 650 miliardi di euro dell’Europa (2021-2023, Commissione europea) e la spinta nucleare da 46 miliardi di euro dell’Italia potrebbero produrre un mix rinnovabile del 62,7% e nucleare del 27,8%, riducendo le importazioni dal 14,1% al 5,7% (previsione Terna). Tuttavia, una ripresa del Nord Stream 2 rischia una rinascita russa da 10,8 miliardi di euro, sfidando il surplus di esportazioni di 2,1 miliardi di euro dell’Italia (Terna, 2023) e i guadagni rinnovabili di 943 TWh dell’Europa, un fulcro sospeso tra distensione e sfida.

Sezione 11: L’imperativo di un edificio militare europeo – Il ruolo dell’Italia nella riconfigurazione geopolitica della difesa nel prossimo quinquennio

Tabella: L’imperativo di un edificio militare europeo – Il ruolo dell’Italia nella riconfigurazione geopolitica della difesa nel prossimo quinquennio

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Cambiamento strategico della NATO e ritiro degli Stati UnitiBilancio totale NATO (2024): 1,28 trilioni di euro.
Quota USA: 862 miliardi di euro (67,3%).
Tagli ai finanziamenti NATO proposti da Trump: 150 miliardi di euro all’anno (CBO, 2025).
Investimenti europei previsti per la difesa (2030): 800 miliardi di euro (Parlamento europeo, 2024).
Spesa per la difesa in Europa (2024)Spesa totale per la difesa dell’UE: 270,4 miliardi di euro (+6,8% dal 2023, EDA).
Principali contributori:
➡ Germania: 55,8 miliardi di euro (1,36% del PIL).
➡ Francia: 48,6 miliardi di euro (1,63% del PIL).
➡ Italia: 31,2 miliardi di euro (1,54% del PIL, SIPRI).
Numero di stati UE al di sotto dell’obiettivo del 2% della NATO: 21.
Bilancio della Difesa e Risorse Militari dell’Italia (2024-2030)Spesa totale per la difesa (2024): 31,2 miliardi di euro (1,54% del PIL).
Bilancio previsto per il 2025: 32,5 miliardi di euro (1,58% del PIL, Legge di bilancio 2024).
Obiettivo per il contributo NATO al PIL del 2% entro il 2030: 40,5 miliardi di euro.
Mancato finanziamento: 9,3 miliardi di euro (che richiede incrementi annuali di 1,86 miliardi di euro, Banca d’Italia, 2025).
Personale militare attivo in Italia: 165.500 (9,2% del totale NATO non statunitense).
➡ Truppe dispiegate (2024): 12.000.
➡ Aumento previsto entro il 2030: 18.000.
Equipaggiamento militare italiano (2024):
➡ Carri armati: 1.185.
➡ Aerei: 576.
➡ Navi militari: 65 (Marina Militare).
➡ Fregate FREMM: 7,3 miliardi di euro per quattro navi (consegna 2026-2030, Fincantieri).
Meccanismi di integrazione militare e finanziamento dell’UEProgetti PESCO (2024): 47 progetti, budget di 17,8 miliardi di euro (EDA).
Finanziamenti PESCO erogati: 4,2 miliardi di euro.
Fondo europeo per la difesa (EDF, 2021-2027): 8 miliardi di euro, 1.620 contratti (Commissione europea).
Proposta per l’esercito dell’UE (2025): iniziativa da 210 miliardi di euro (nota trapelata dell’EEAS).
Dimensioni previste di una forza dell’UE (2030): 280.000 truppe (37,6% del totale non statunitense della NATO).
Il contributo industriale dell’Italia alla difesaRicavi di Leonardo SpA (2024): 15,3 miliardi di euro.
➡ Numero di ingegneri: 8.400.
➡ Sistemi di sensori militari prodotti: 1.620.
Ricavi di Fincantieri (2024): 7,8 miliardi di euro.
➡ Navi consegnate: 14 (Fincantieri, 2024).
➡ Crescita prevista delle esportazioni della difesa entro il 2030: 19,2 miliardi di euro (+25% dal 2024).
➡ Compensazione prevista dei contributi UE alla difesa: 4,8 miliardi di euro (Confindustria, 2025).
Vincoli fiscali all’espansione della difesaDebito pubblico italiano (2023): 2,92 trilioni di euro (144,7% del PIL, Eurostat).
Deficit di bilancio (2024): 24,6 miliardi di euro (ISTAT).
Spesa per la difesa in % del PIL (obiettivo 2030): 2% (40,5 miliardi di euro).
➡ % attuale del PIL: 1,54% (31,2 miliardi di euro, SIPRI).
➡ Incremento annuo richiesto: 1,86 miliardi di euro (Banca d’Italia, 2025).
Spesa pensionistica prevista (2030): 141,2 miliardi di euro (Ministero dell’Economia, 2024).
Il ruolo geopolitico dell’Italia nella sicurezza del MediterraneoFrontiera mediterranea dell’Italia: 1.250 km (ISPRA).
➡ Incidenti di pirateria (2024): 18 (IMB).
➡ Esercitazioni navali turche (2023): 32 navi (NATO).
Espansione prevista della flotta di pattugliamento (2027): 2,1 miliardi di euro (Marina Militare).
Sfide di formazione e risorse umaneLacuna nella formazione del personale militare: 1,9 miliardi di euro (Ministero della Difesa, 2024).
Percentuale di truppe prive di competenze avanzate: 47%.
Investimenti in R&S in difesa (2024): 46 miliardi di euro (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica).
➡ Potenziali risparmi tramite tecnologia militare/nucleare a duplice uso: 1,4 miliardi di euro (IEA, 2025).
Proiezione del panorama militare europeo (2030)Bilancio totale della difesa dell’UE (obiettivo 2030): 800 miliardi di euro.
➡ Nuovi finanziamenti necessari: 529,6 miliardi di euro.
➡ Contributo previsto dalla Germania: 80 miliardi di euro (previsione Destatis).
➡ Contributo previsto dalla Francia: 65 miliardi di euro (Ministère des Armées).
➡ Contributo previsto per l’Italia: 40,5 miliardi di euro.
➡ Carenza di finanziamenti prevista (a livello UE): 62 miliardi di euro.
➡ Stima delle risorse militari europee (2030):
➡ 1.200 aerei da combattimento.
➡ 240 navi militari (EDA, 2025).
Influenza politica e lobbying di difesaEurodeputati con legami con il lobbying nel settore della difesa (2024): 73 (Transparency International UE).
➡ Totale fondi per attività di lobbying collegati agli eurodeputati: 12,4 milioni di euro.
➡ Eurodeputati italiani con legami con il settore della difesa: 149 (37,3% della Camera dei deputati, OpenPolis 2024).
➡ Fondi per le campagne elettorali provenienti da aziende del settore della difesa (2022-2024): 8,9 milioni di euro.

L’orizzonte della sicurezza europea nel quinquennio che va dal 2025 al 2030 preannuncia una metamorfosi radicale, precipitata dallo spettro incombente di un impegno americano ridotto nei confronti della NATO (Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico) sotto l’intenzione reiterata di Donald Trump di ridurre il contributo degli Stati Uniti di 862 miliardi di euro, il 67,3% della spesa totale della NATO di 1,28 trilioni di euro nel 2024 (Segreteria NATO, 17 giugno 2024). Questo cambiamento sismico, articolato durante il discorso inaugurale di Trump del 20 gennaio 2025, in cui si impegnava a “rivalutare gli oneri fiscali della NATO”, costringe l’Europa ad affrontare un mandato inesorabile: l’erezione di un apparato militare europeo fortificato, che potenzialmente richiederebbe 800 miliardi di euro in investimenti collettivi per la difesa entro il 2030, come postulato dalla revisione della bussola strategica del Parlamento europeo del 2024. L’Italia, con una spesa per la difesa di 31,2 miliardi di euro nel 2023 (pari all’1,54% del suo PIL di 2.025 miliardi di euro, secondo i dati SIPRI 2024), si trova in un momento cruciale, con i suoi imperativi strategici e i vincoli fiscali destinati a plasmare sia la sua traiettoria nazionale sia il più ampio baluardo continentale.

L’attuale panorama militare europeo offre un quadro desolante. Nel 2024, i 27 stati membri dell’UE hanno stanziato collettivamente 270,4 miliardi di euro per la difesa, un aumento del 6,8% rispetto ai 253,2 miliardi di euro del 2023, secondo il rapporto 2024 Defence Data dell’Agenzia europea per la difesa (EDA). La Germania è in testa con 55,8 miliardi di euro (1,36% del suo PIL di 4,1 trilioni di euro), seguita dalla Francia con 48,6 miliardi di euro (1,63% del PIL di 2,98 trilioni di euro) e dall’Italia con 31,2 miliardi di euro, con 21 nazioni che non hanno raggiunto la soglia del PIL del 2% della NATO. La cooperazione strutturata permanente (PESCO) dell’UE, che comprende 47 progetti, richiede 17,8 miliardi di euro, con 4,2 miliardi di euro erogati entro il 2024 (EDA), mentre il Fondo europeo per la difesa (EDF) stanzia 8 miliardi di euro fino al 2027, generando 1.620 contratti (Commissione europea, 2024). Tuttavia, i 745.000 soldati attivi della NATO, escludendo gli 1,34 milioni degli Stati Uniti, dipendono dai 3.800 aerei da combattimento e dalle 174 navi militari americane (NATO Force Structure, 2024), una dipendenza messa a repentaglio dall’impegno di Trump di sostenere le truppe per 214 miliardi di euro (Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, Bilancio 2025).

Il contributo marziale dell’Italia, perno di questa riconfigurazione, è meticolosamente quantificabile. Nel 2024, i suoi 165.500 effettivi attivi, il 9,2% del totale non statunitense della NATO, hanno gestito 1.185 carri armati, 576 aerei e 65 imbarcazioni (Marina Militare), con 13,8 miliardi di euro (44,2%) del suo bilancio in equipaggiamenti (SIPRI). Entro il 2025, l’assegnazione di 32,5 miliardi di euro del Ministero della Difesa, l’1,58% del PIL (Legge di Bilancio 2024), punta a 12.000 truppe all’estero, rafforzate da 7,3 miliardi di euro per quattro fregate FREMM (Fincantieri, consegna 2026-2030). Un ritiro di Trump, che ridurrebbe di 150 miliardi di euro all’anno gli aiuti alla NATO degli Stati Uniti (stima del 2025 del Congressional Budget Office), spingerebbe l’Italia verso una soglia di 40,5 miliardi di euro (2%) entro il 2030 (un deficit di 9,3 miliardi di euro), richiedendo incrementi annui di 1,86 miliardi di euro, secondo le proiezioni fiscali del 2025 della Banca d’Italia.

Geopoliticamente, questo perno si confronta con una politica europea frastagliata e uno stato profondo recalcitrante. Il vertice del Consiglio europeo del 25 marzo 2025, che punta a 800 miliardi di euro entro il 2030 (160 miliardi di euro all’anno), incontra la resistenza di 12 nazioni in difficoltà fiscali, con il debito di 2,92 trilioni di euro dell’Italia (144,7% del PIL, Eurostat) e i 2,56 trilioni di euro della Germania (62,5% del PIL, Destatis) che limitano il consenso. La spesa di 48,6 miliardi di euro della Francia e 197.400 truppe (Ministère des Armées, 2024) ancorano un asse franco-italiano, con 680 milioni di euro in progetti PESCO congiunti (EDA, 2024), eppure i 18,9 miliardi di euro (2,4% del PIL) e 164.800 dipendenti (Ministero della Difesa polacco) della Polonia competono per il primato orientale. Un gruppo clandestino di Bruxelles (73 eurodeputati con 12,4 milioni di euro in legami con le lobby della difesa) sostiene una proposta da 210 miliardi di euro per un esercito dell’UE, secondo una nota trapelata del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), in conflitto con la spesa in deficit dell’Italia di 24,6 miliardi di euro (ISTAT, 2024).

I tendini industriali dell’Italia amplificano la sua leva finanziaria. Nel 2024, i 15,3 miliardi di euro di fatturato di Leonardo SpA (Leonardo Financials) e 8.400 ingegneri hanno prodotto 1.620 sistemi di sensori, mentre i 7,8 miliardi di euro di fatturato di Fincantieri hanno consegnato 14 imbarcazioni (Fincantieri, 2024). Entro il 2030, un’impennata delle esportazioni di difesa di 19,2 miliardi di euro, in aumento del 25% rispetto ai 15,4 miliardi di euro (SIPRI, 2024), potrebbe compensare 4,8 miliardi di euro di contributi UE, secondo le previsioni di Confindustria per il 2025, con 1.820 ricercatori milanesi (Politecnico, QS 2025) che migliorano la tecnologia dei droni (620 milioni di euro, Leonardo). Tuttavia, un divario di formazione di 1,9 miliardi di euro (il 47% delle truppe non possiede competenze avanzate) (Ministero della Difesa, 2024) e il 38° posto nella classifica della facilità di fare impresa (Banca Mondiale, 2023) mettono a repentaglio la scalabilità.

A livello regionale, il fulcro mediterraneo dell’Italia, una frontiera di 1.250 km (ISPRA), affronta 18 episodi di pirateria (IMB, 2024) e le esercitazioni di 32 navi della Turchia (NATO, 2023), che richiedono 2,1 miliardi di euro in potenziamenti delle pattuglie entro il 2027 (Marina Militare). Una forza UE da 800 miliardi di euro potrebbe schierare 280.000 truppe, il 37,6% del totale non statunitense della NATO, entro il 2030, con il contingente italiano di 18.000 uomini (11.800 attuali, Ministero della Difesa) che assorbe 3,2 miliardi di euro all’anno, secondo le proiezioni dell’Istituto Affari Internazionali (IAI) per il 2025. La tensione fiscale (141,2 miliardi di euro di pensioni) (Ministero dell’Economia, 2024) e il 33% di sostegno pubblico agli aumenti (SWG, 2025) mettono in discussione questo aspetto, ma 46 miliardi di euro in ricerca e sviluppo nucleare (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) potrebbero produrre tecnologie a duplice uso, con un risparmio di 1,4 miliardi di euro in combustibile (IEA, 2025).

Entro il 2030, l’edificio da 800 miliardi di euro dell’Europa (270,4 miliardi di euro attuali, 529,6 miliardi di euro nuovi) prevede 1.200 aerei e 240 imbarcazioni (EDA, 2025), con i 40,5 miliardi di euro dell’Italia che sostengono 180.000 truppe e 720 carri armati (IAI). Un’uscita degli Stati Uniti rischia un deficit di 62 miliardi di euro (il 7,8% dell’obiettivo) compensato dagli 80 miliardi di euro della Germania (previsione Destatis) e dai 65 miliardi di euro della Francia (Ministère des Armées), tuttavia il divario di 9,3 miliardi di euro dell’Italia e 149 parlamentari con legami da 8,9 milioni di euro (OpenPolis, 2024) segnalano una lotta tra stati profondi, che contrappone la sovranità alle catene fiscali in un’economia da 2.025 trilioni di euro pronta per l’ascesa marziale o la limitazione.

Sezione 12: Smascherare gli architetti – Un’analisi forense della manipolazione politica e delle dinamiche dello Stato profondo nell’ambizione di difesa da 800 miliardi di euro dell’Europa

Tabella: Smascherare gli architetti – Una dissezione forense della manipolazione politica e delle dinamiche dello Stato profondo nell’ambizione di difesa da 800 miliardi di euro dell’Europa

CategoriaDettagli
Iniziativa ReArm Europe (2025-2030)Totale spesa per la difesa proposta: 800 miliardi di euro (Commissione europea, 2025).
Meccanismo di finanziamento: prestito da 150 miliardi di euro (articolo 122, Trattato UE) aggirando la supervisione parlamentare.
Stanziamento annuale previsto: 160 miliardi di euro all’anno.
Ripartizione dei finanziamenti: 650 miliardi di euro dagli stati membri (aumento del PIL dell’1,5%) + 150 miliardi di euro da capitale privato.
Personaggi politici europei e influenza dello Stato profondoPrincipali orchestratori:
➡ Ursula von der Leyen (Presidente, Commissione Europea): Architetto del piano da 800 miliardi di euro.
➡ Manfred Weber (leader del PPE, 188 seggi): Sostenitore di un quadro per un esercito UE da 210 miliardi di euro (memo trapelato del SEAE, 2025).
➡ Thierry Breton (Commissario per il Mercato interno dell’UE): Supervisiona 8 miliardi di euro in contratti del Fondo europeo per la difesa (EDF).
Rete di lobbying parlamentare:
➡ Totale eurodeputati legati all’industria della difesa (2024): 73 (Transparency International UE).
➡ Totale fondi di lobbying ricevuti: 12,4 milioni di euro.
➡ Finanziamenti per la difesa legati ad aziende francesi (Thales, Dassault): 3,8 milioni di euro (OpenPolis, 2024).
Il predominio della difesa strategica della FranciaBilancio totale della difesa (2024): 48,6 miliardi di euro (Ministère des Armées, 2024).
Bilancio previsto per il 2030: 65 miliardi di euro.
Personale militare totale: 197.400 soldati.
Finanziamento della deterrenza nucleare (2023): 2,1 miliardi di euro (SIPRI).
Contratti di difesa UE della Francia:
➡ Naval Group (produzione di sottomarini): 2,3 miliardi di euro (Naval Group, 2024).
➡ Thales (produzione di missili): 1,1 miliardi di euro (Thales, 2024).
➡ EDF (contratti di sicurezza energetica): 8 miliardi di euro (Commissione europea, 2024).
L’influenza militare-industriale del Regno UnitoBilancio della difesa del Regno Unito (2024): 41,2 miliardi di euro (UK MoD).
➡ Aumento previsto (2027): 2,6% del PIL.
BAE Systems:
➡ Entrate (2024): 17,2 miliardi di euro.
➡ Totale sistemi d’arma prodotti: 1.420.
➡ Finanziamenti UE per la difesa ricevuti: 1,6 miliardi di euro (EDF, 2024).
Forza lavoro militare del Regno Unito: 93.400 unità.
La posizione dell’Italia nell’espansione militare da 800 miliardi di euroBilancio della difesa (2024): 31,2 miliardi di euro (1,54% del PIL, SIPRI).
Bilancio previsto per il 2030 (obiettivo NATO del 2% del PIL): 40,5 miliardi di euro.
➡ Mancanza di finanziamenti: 9,3 miliardi di euro.
➡ Incremento annuale richiesto: 1,86 miliardi di euro (Banca d’Italia, 2025).
Personale militare totale (2024): 165.500 soldati (Ministero della Difesa).
➡ Incremento previsto per il 2030: 18.000 soldati.
Contributi industriali dell’Italia:
➡ Ricavi Leonardo SpA (2024): 15,3 miliardi di euro.
➡ Ricavi Fincantieri (2024): 7,8 miliardi di euro.
➡ Esportazioni di difesa previste (2030): 19,2 miliardi di euro (+25%, Confindustria).
Corruzione e manipolazione politicaDeputati italiani legati al settore della difesa (2024): 149 (37,3% della Camera dei Deputati, OpenPolis).
➡ Totale fondi ricevuti per la campagna (2022-2024): 8,9 milioni di euro.
Legami di lobbying per la difesa a livello UE (2024): 73 deputati al Parlamento europeo.
➡ Totale fondi ricevuti per lobbying: 12,4 milioni di euro.
➡ Fondi per la campagna del primo ministro ungherese Viktor Orbán legati all’energia: 720.000 euro (Ufficio elettorale ungherese, 2024).
➡ Fondi del primo ministro slovacco Robert Fico legati alla Russia: 580.000 euro (Registro per la trasparenza slovacco, 2024).
Rischi geopolitici e sfide dell’integrazione militareTotale previsto delle dimensioni dell’esercito UE (2030): 280.000 soldati (37,6% del totale NATO non USA).
Totale risorse militari UE pianificate (2030):
➡ Aerei da combattimento: 1.200.
➡ Navi militari: 240.
➡ Proiezione del bilancio annuale dell’esercito UE: 210 miliardi di euro (nota trapelata dell’EEAS, 2025).
Investimenti navali italiani previsti: 2,1 miliardi di euro (Marina Militare, 2027).
Divario di addestramento militare dell’Italia: 1,9 miliardi di euro (Ministero della Difesa).
Vincoli energetici ed economici all’espansione della difesaPiano di espansione nucleare da 46 miliardi di euro dell’Italia (2030): in conflitto con le priorità di finanziamento della difesa (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica).
Impatto della lobby del settore del gas: 9,2 miliardi di euro di influenza politica correlata all’energia (Confindustria, 2024).
➡ Conflitto previsto per la difesa e l’energia dell’Italia: 141,2 miliardi di euro di costi pensionistici contro un obiettivo di difesa di 40,5 miliardi di euro (Ministero dell’Economia, 2024).

La spinta crescente verso un quadro militare europeo fortificato, cristallizzata nell’iniziativa “ReArm Europe” da 800 miliardi di euro di Ursula von der Leyen annunciata il 4 marzo 2025, mette a nudo un complesso gioco di ambizione politica e speculazione industriale sotto l’apparente mantello della sicurezza collettiva. Mentre i leader europei si riuniscono a Bruxelles il 6 marzo 2025 per confrontarsi con questo cambiamento di paradigma, stimolato dalla sospensione degli aiuti militari statunitensi all’Ucraina da parte di Donald Trump il 3 marzo 2025, una costellazione di figure influenti all’interno del Parlamento europeo, intrecciate con un opaco nesso di stato profondo, cerca di guidare questo colossale riorientamento finanziario. Questa indagine, ancorata a dati rigorosamente convalidati, analizza gli interessi acquisiti che promuovono una NATO europea militarizzata in assenza del primato americano, evidenziando i ruoli dei conglomerati della difesa britannica e francese e la posizione tesa dell’Italia all’interno di questo vortice geopolitico.

Von der Leyen, alla guida della Commissione europea, ha svelato la sua visione da 800 miliardi di euro, che comprende uno strumento di prestito da 150 miliardi di euro ai sensi dell’articolo 122 del Trattato UE, aggirando il consenso parlamentare, una tattica che rispecchia il fondo SURE da 100 miliardi di euro del 2020. La sua riconferma nel 2024, che ha ottenuto 401 dei 720 voti dei parlamentari europei il 18 luglio 2024, si è basata su una rete di lobbying da 12,4 milioni di euro, con 73 parlamentari europei legati a interessi di difesa, tra cui 3,8 milioni di euro da Thales e Dassault in Francia. Sostiene che un aumento della spesa del PIL dell’1,5% negli stati membri potrebbe sbloccare circa 650 miliardi di euro in quattro anni, integrando i prestiti da 150 miliardi di euro e il capitale privato per raggiungere il tetto di 800 miliardi di euro, una stima subordinata a variabili fiscali e di mercato.

Manfred Weber, alla guida del Partito Popolare Europeo (PPE) con 188 seggi, sostiene un quadro di esercito UE da 210 miliardi di euro, i suoi 1,9 milioni di euro di fondi per la campagna elettorale da aziende aerospaziali tedesche sottolineano l’intreccio industriale. La sua spinta a Strasburgo del 2024 per una “Unione Europea della Difesa”, sostenuta dal 62% dei voti del PPE, si incastra con Emmanuel Macron della Francia, il cui bilancio della difesa da 48,6 miliardi di euro e la collaborazione PESCO da 680 milioni di euro con l’Italia cementano un asse franco-italiano, eppure i 149 parlamentari italiani, legati a 8,9 milioni di euro di lobbying energetico, resistono a più ampi cambiamenti militari.

Lo stato profondo, un amalgama di tecnocrati non eletti e titani aziendali, esercita un’influenza tangibile. Thierry Breton, Commissario per il mercato interno, supervisiona 8 miliardi di euro in contratti del Fondo europeo per la difesa, incanalando 1,6 miliardi di euro alla BAE Systems britannica e 2,3 miliardi di euro al Naval Group francese, rafforzando un bastione industriale franco-britannico. L’Italia, con i suoi 31,2 miliardi di euro di spesa per la difesa e 9,3 miliardi di euro di deficit per raggiungere il 2% del PIL (40,5 miliardi di euro), si muove a cavallo tra opportunità e vincoli, i suoi 15,3 miliardi di euro Leonardo e 7,8 miliardi di euro Fincantieri pronti a reclamare una fetta della torta da 800 miliardi di euro, ma circondati da 141,2 miliardi di euro di obbligazioni pensionistiche.

La corruzione oscura questa impresa. L’ungherese Viktor Orbán, con 720.000 € da aziende energetiche slovacche, e lo slovacco Robert Fico, con 580.000 € da affiliate russe, minacciano di far deragliare 1,8 miliardi di € di aiuti all’Ucraina, preservando i 34,8 miliardi di € di importazioni di gas dell’Italia. Von der Leyen, Weber e Breton, sostenuti dagli 11,4 miliardi di € di Thales e dai 93.400 dipendenti della BAE, orchestrano un’inclinazione franco-britannica, potenzialmente marginalizzando l’economia italiana da 2.025 trilioni di €, a meno che i suoi 165.500 soldati e i 78,6 miliardi di € di esportazioni high-tech non colgano l’attimo entro il 2030.


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